Quante volte si è entrati in un supermercato e si è usciti con il doppio delle cose che avevamo in mente di comprare? Sapete il perché? Semplice, in un supermercato niente è lasciato al caso.
Tutto è posizionato e offerto con un unico scopo: farci comprare due, tre, cinque prodotti in più rispetto a quelli che realmente ci servono.
Così siamo spiati al supermercato
Gli strateghi della GDO hanno concretamente programmato tutto ciò che succede tra corsie, banchi e scaffali di un punto di vendita: come ci si muove, cosa si guarda e cosa si trascura, cosa ci attrae e cosa evitiamo. Il consumatore è monitorato, seguito passo dopo passo, reparto per reparto, scaffale per scaffale. Spiato nei suoi comportamenti dal momento che entra nel negozio sin quando esce.
Solo i più informati sanno qualcosa al riguardo, ma spinti dalla necessità d’acquistare il tal prodotto, dalla fretta, dalle luci, dai suoni, dai colori, dalla vastità dell’offerta non si preoccupano se sono osservati, letti e “scannerizzati” come avessero un codice a barre.
In ogni caso, perché mai dovrebbero occuparsi di come ci si comporto in un iper o supermercato, mica si taccheggia (anche se in molti lo fanno), non si da certo in escandescenze e neppure si offende la pubblica decenza.
Eppure, una volta entrati in un supermercato si viene scrutati con l’unico scopo di orientare, diciamo subliminalmente, le nostre scelte, quelle già programmate ma soprattutto quelle non ancora previste né considerate. Ecco le tecniche usate dalla grande distribuzione per spronare gli acquisti.
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Shopping experience: empatia tra cliente e azienda
Una delle tecniche, continuamente aggiornate ed affinate, messe in atto è di far vivere la spesa come qualcosa di gratificante, tant’è che è stato coniato lo slogan “shopping experience” teso a convertire la spesa “da dovere a piacere”, attutendo pensieri negativi (per il punto vendita) quali “obbligo”, “necessità”, “onere”, ecc.
I dispositivi messi in campo partono dalle strutture del market, il più possibile luminose, aerate, ricche di colori e musiche gradevoli e, seppure non proprio nelle vicinanze della propria abitazione, raggiungibile facilmente grazie ad una rete viaria ben segnalata.
Funzionali e vasti i parcheggi, sempre gratuiti, illuminati anche nelle ore serali, così come è generalmente cospicua la disponibilità dei carrelli pensati anche con dimensioni e formati adatti per i bambini. Target, come dirò di seguito, altrettanto osservato e monitorato.
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Shelf Marketing, il marketing dello scaffale
Lo Shelf Marketing (il marketing dello scaffale) non è un’arte, ma il risultato di una strategia ben congegnata per attirare l’attenzione del consumatore e indirizzarlo verso l’acquisto con il conseguente incremento delle vendite.
Osserviamo la disposizione negli scaffali dei diversi prodotti, l’inizio e la fine di ogni corsia, gli scaffali ad altezza d’occhio e gli spazi vicini alle casse riservati a generi selezionati con particolare attenzione, così come la merce posta alla destra dei prodotti di grande richiamo.
Questo perché siamo abituati a leggere da sinistra a destra e i nostri occhi tendono naturalmente a seguire questo movimento anche davanti a uno scaffale. Oltre a queste tecniche un contributo importante alla definizione delle strategie di vendita e disposizione dei prodotti arriva dalla tecnologia.
L’istituto ID Magasin, specializzato in ricerche comportamentali e di mercato, ha messo a punto un dispositivo per registrare ciò che il cliente guarda da quando entra a quando esce dal punto vendita scoprendo che l’area più osservata negli scaffali è a circa 20 centimetri al di sotto del nostro orizzonte visivo.
Quindi, un prodotto collocato a un metro e mezzo d’altezza ha la massima percentuale d’essere notato e, spesso, acquistato. Anche le telecamere di sorveglianza consentono di riportare i movimenti dei clienti e di differenziare i percorsi di chi fa la spesa per la cena, per la giornata o per la settimana allo scopo di pianificare il posizionamento dei prodotti e incrementare le vendite.
Partendo da layout e format prestabiliti: frutta, verdura sono posti all’ingresso perché colore e profumo concorrono ad attirare l’attenzione del cliente; i prodotti freschi e i surgelati, generalmente i più ricercati e venduti, sono disposti sul lato opposto rispetto alle casse costringendo il cliente ad attraversare le diverse corsie con scaffali riempiti spesso di prodotti generici.
Pane, latte, uova e beni di prima necessità sono anch’essi sempre lontani dall’ingresso, mentre le acque minerali, che pesano e ingombrano sono sempre alla fine del percorso. Malgrado esistano segnaletiche poste in alto e quindi quasi mai lette, non viene indicato dove si trovano taluni prodotti necessari ma con modeste rotazioni.
Quello generalmente più difficile da trovare è il sale, seguito dallo zucchero, sistemati strategicamente in qualche angolo seminascosto, che obbliga il consumatore a ripercorrere più volte le varie corsie spingendolo “involontariamente” ad acquistare qualcos’altro. Come prodotti di profumeria confusi tra i prodotti per l’igiene personale gravati, inoltre, dal vincolo di un assortimento modesto ed economico onde non contrastare le profumerie vere e proprie sistemate nelle gallerie.
Ovvio che ciò ha per obiettivo precipuo di farci restare all’interno del magazzino il più a lungo possibile perché più prodotti vediamo, più ne compriamo compiendo quello che gli osservatori chiamano “acquisti d’impulso”.
Anche la posizione di giocattoli, patatine, merendine e snack vari non è casuale. Sono disposti nelle isole centrali alla portata dello sguardo dei bambini.
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Il target infantile: kids marketing
A questo proposito è chiaro che le varie insegne hanno un concetto ben diverso dai genitori che sono pressoché obbligati a trascinarsi i pargoli a fare la spesa. Si “rompono” e “rompono” è il leit motive. Vero in parte, dipende tuttavia dai momenti.
Esempio: strappare un ragazzino dalla console mentre sta nevrotizzandosi col videogame, o a una signorinetta staccargli il telefonino mentre racconta alla sua amichetta che Mattia all’uscita da scuola gli ha sorriso, causa piccoli drammi e isterie. In verità da una recente indagine emergono cose differenti dal semplice rompersi o annoiarsi. Intanto va ricordato che i ragazzini di oggi tra i 6 e 12/15 anni sanno fare acquisti in proprio o influenzano fortemente gli acquisti dei genitori. Per conferma, leggere lo scontrino di cassa!
Infatti, in Italia ci sono 4,5 milioni di piccole pesti, o di angioletti (ognuno decida dove collocarli), che con paghette, lavoretti, premi per buone votazioni o mance varie hanno a disposizione annualmente 800 milioni di euro (fonte: Osservatorio Retailing).
Se è pur vero che parte di questo denaro va nel salvadanaio, una fetta consistente è spesa autonomamente. Da tempo le catene della grande distribuzione questo serbatoio di giovane clientela lo stanno analizzando attentamente ed hanno attivato il kids marketing coinvolgendo gli stessi bambini, monitorando sia il loro comportamento sia le preferenze per poi aggiornare e mirare gli assortimenti, ridisegnare layout di corner e scaffali, arricchire i totem avant-cassa nonché perfezionare percorsi e segnaletica.
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Le carte fedeltà e la fotografia degli acquisti
Da non sottovalutare, infine, la funzione delle carte fedeltà personalizzate che con la lusinga di raccolte punti per ottenere dei premi piuttosto che sconti immediati hanno lo scopo di “fotografare” i nostri scontrini memorizzando la ripetitività e le preferenze di un certo numero di prodotti acquistati.
Queste informazioni saranno utili per attivare promozioni e offerte speciali ad hoc contando a priori su una clientela “sensibile”.
Esempi? Se dai nostri scontrini risulta che compriamo cadenzatamene del pet, è implicito che abbiamo in casa uno o più animali, così vale per le preferenze verso certi formaggi anziché altri, per l’acquisto di assorbenti igienici di un certo tipo che “denunciano” implicitamente sia una presenza femminile sia più o meno la fascia d’età di chi li usa.
Per contro, l’osservazione è fatta altresì su alcuni prodotti acquistati raramente o saltuariamente; a questo punto, stante che la predisposizione d’acquisto è acclarata, volendo “spingere” certi articoli o una certa merceologia, l’insegna potrà intervenire appunto con un’offerta particolare o una promozione mirata.
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L’ultima tendenza è l’ecocompatibilità
Recentemente l’attenzione è concentrata non solo sulla qualità intrinseca ma sull’ecocompatibilità di ciò che è posto in vendita (con grande attenzione agli imballaggi e il loro smaltimento) e sui requisiti sociali di chi li produce. Questo cambio di passo, particolarmente per i prodotti alimentari, accade perché è proprio la distribuzione moderna, con tutti i pro e i contro che gli si attribuiscono, che preme, anzi, obbliga l’industria e la marca ad operare in tal senso.
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Conclusioni
In sintesi, queste sono alcune delle strategie di vendita usate dalla GDO per soddisfare la clientela ma soprattutto per incrementare i propri fatturati. Niente è casuale nell’organizzazione spaziale del supermercato, tutto è disposto e adattato per invogliarci a comprare.
L’ultima parola comunque, nella maggior parte dei casi, spetta noi. Dobbiamo essere noi consumatori a decidere. È solo una questione di volontà e di attenzione quando si va a fare la spesa e non farsi attrarre troppo dalle strategie di vendita che ci inducono a troppi acquisiti, spesso inutili sia per la nostra salute sia per il nostro portafoglio.