Secondo uno studio dei neuroscienziati dell’università di Milano Bicocca, pubblicato su Plos One, i volti dei cattivi si ricordano meglio. Bastano 500 milisecondi perché il pregiudizio si formi. L’esperimento rientra nel filone della “teoria della mente”.
Spiega Alice Mado Proverbio, professore di Neuroscienze cognitive alla Bicocca e primo autore dell’indagine: “Gli esseri umani sono portati, in assenza di conoscenza diretta, a farsi un’idea immediata dello stato mentale di una persona. Guardiamo il nostro interlocutore e cerchiamo di immaginare la sua mente. Il significato evolutivo del cervello morale è notevole. Cecare di interpretare cosa pensa chi abbiamo davanti, quali sono le sue intenzioni, anche se non sappiamo chi sia è cruciale”.
Lo studio ha coinvolto 17 studenti universitari, 11 femmine e 6 maschi, per un esperimento diviso in due fasi. Nella prima sessione i ricercatori hanno mostrato ai volontari 200 visi di uomini e donne di diversa età, facendoli scorrere sullo schermo di un computer. Ogni immagine era corredata da una breve didascalia che di quelle facce, inesistenti nella realtà, descriveva una qualità morale positiva (per esempio “gestisce una ludoteca per bambini disagiati”, “ha difeso un compagno vittima di bullismo”), oppure negativa (“odia gli stranieri”, “ha investito una bambina che non ha soccorso”).
Dopo mezz’ora i candidati sono stati sottoposti a un test della memoria: alle facce già viste, ne sono state aggiunte altre 100, stavolta senza alcuna frase di accompagnamento. Nel caso in cui il volto fosse stato già visto, il volontario doveva premere un tasto. I risultati hanno mostrato che i volti connotati negativamente erano i più familiari, mentre quelli connotati positivamente spesso non venivano riconosciuti.
La docente che ha condotto lo studio sottolinea che sono meccanismi “tramandati dall’uomo primitivo, che servivano alle varie specie umane che convivevano con grande rivalità. Bastava non essere del gruppo per venire ucciso. È importantissima la consapevolezza di questi meccanismi, soprattutto oggi che c’è il revival del tema del migrante che ci invade. Siamo ritornati come l’uomo primitivo, quando ci sono queste migrazioni di popoli si ritorna agli stessi vecchi meccanismi neurali. E sono le persone più deboli, fragili, a mettere in atto questi meccanismi irrazionali di difesa”.