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Le 1000 frustate dell’Arabia Saudita

#FreeRaif

Mentre infuriano le polemiche, dopo i fatti di Parigi, su Islam e libertà di parola, in Arabia Saudita, “amica” dell’occidente, il blogger dissidente Raif Badawi viene condannato a 10 anni di prigione, 1000 frustate e una multa di 1.000.000 di rial sauditi (circa 196.000 euro). Anche la moglie di Raif, Ensar Haidar, è nel mirino degli integralisti islamici ed ha chiesto asilo politico in Canada insieme ai tre figli.

Raif è stato arrestato e condannato nel 2012 per presunte offese alla religione, per oltraggio, crimini informatici e persino per aver disobbedito a suo padre. Il 31enne scrittore saudita e creatore del sito laico Free Saudi Liberals. Solo grazie all’intervento, nel 2013, dell’Alta Corte era riuscito ad evitare la pena di morte. La stessa corte che ora decide di riaprire il caso e sospendere la condanna anche grazie alle 14 mila firme della petizione on line contro la tortura recapitate a re Abdullah. La punizione è stata solamente sospesa, non revocata. Se l’attenzione internazionale calerà nei prossimi giorni, Raif Badawi potrebbe scontarla tutta la sentenza comprese le mille frustate: 50 ogni venerdì in pubblico a Gedda, all’esterno della moschea di al Jafali.

In uno dei suoi post su Free Saudi Liberals Badawi ha scritto: “Abbiamo il diritto di pensare e dire ciò che vogliamo così come abbiamo il diritto di amare e di odiare, di essere islamisti o liberali. Nelle società arabe e islamiche dobbiamo avere maggiore rispetto per la libertà dell’individuo. Gli Stati fondati sulla religione rinchiudono i loro cittadini in un circolo vizioso di fede e paura”.

Ha denunciato un sistema in cui è proibito tutto: dalla guida per le donne, due attiviste nelle scorse settimane sono state arrestate e condannate perché erano al volante, fino alla formazione di associazioni e partiti, alle elezioni, alle manifestazioni pubbliche. Ha osato dire che l’Università Islamica “Imam Muhammad ibn Saud” di Riyadh è un laboratorio del wahabismo più radicale che spinge tanti giovani sauditi ad abbracciare il jihadismo armato. Troppo per un regime che da un lato afferma di combattere al Qaeda e lo Stato islamico e poi lascia che tanti dei suoi ricchi cittadini versino generosi finanziamenti che, per varie strade, arrivano proprio a quei gruppi.

La fustigazione viola il divieto assoluto di tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti previsti del diritto internazionale. Anche l’adozione di provvedimenti penali per aver criticato pacificamente funzionari e istituzioni pubbliche e per aver difeso pacificamente i diritti umani viola le norme internazionali sui diritti umani. Ma i nostri “amici” dell’Arabia Saudita proseguono come se nulla fosse la capillare campagna di persecuzione contro gruppi e attivisti indipendenti per i diritti umani.

Ricordiamo, per chi non lo sapesse che la “moderata” Arabia saudita, alleata di ferro dell’Amministrazione Usa in Medio Oriente, morbida verso Israele, generosa nell’acquisto per decine di miliardi di dollari di armi americane ed europee e che ora, opponendosi ad una riduzione della produzione di petrolio, ci garantisce il barile di greggio sotto i 50 dollari.

Amnesty International Italia ogni giovedì manifesterà di fronte all’ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma per chiedere la fine delle frustate e la liberazione di Badawi, che l’organizzazione per i diritti umani considera un prigioniero di coscienza.

Firma l’appello online: Raif Badawi a rischio imminente di fustigazione


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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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