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Le 10 mosse per avere meno rifiuti e più benessere

raccolta differenziata

L’ultimo rapporto della Banca Mondiale prevede che entro il 2025 il costo della bolletta-rifiuti che adesso costa alle comunità 205 miliardi di dollari potrebbe arrivare vicino ad un raddoppio sui 375 miliardi di dollari. La quantità totale di rifiuti urbani, industriali e pericolosi prodotti annualmente in tutto il mondo ammonta oggi a circa 4 miliardi di tonnellate. I rifiuti solidi urbani che si aggirano tra le 1,3 miliardi di tonnellate sono destinati a raddoppiare a causa della crescita della popolazione mondiale e dello sviluppo economico dei paesi emergenti. La più recente relazione sulla gestione dei rifiuti urbani negli Stati membri classifica i 27 Stati membri in base a 18 criteri, attribuendo bandiere verdi, arancioni e rosse per voci quali totale dei rifiuti riciclati, tariffe dello smaltimento dei rifiuti, violazioni della normativa europea. L’Italia occupa il 20° posto e viene indicata tra i 12 paesi membri che hanno basse performance di gestione dei rifiuti a causa di: politiche deboli o inesistenti di prevenzione dei rifiuti, assenza di incentivi alle alternative al conferimento in discarica e inadeguatezza delle infrastrutture per il trattamento dei rifiuti. L’Italia conferisce in discarica ancora quasi il 50% della usa produzione totale di rifiuti che ammonta a 15 milioni di tonnellate. Il Rapporto Rifiuti Urbani 2012 curato dall’ISPRA non presenta miglioramenti con un aumento nella produzione di rifiuti urbani del 1,1% e ancora un corposo ricorso alla discarica come forma di smaltimento. Anche il consumo di imballaggi registra un aumento del 3% rispetto al 2009 (pari a 322 mila tonnellate circa), per un totale di 11 milioni di tonnellate. Dato che potrebbe confermare il mantenimento del terzo posto del nostro paese come produzione pro capite di imballaggi in Europa che il precedente Rapporto dell’Ispra 2011 riportava come dato riferito al 2008.

La situazione europea. In totale ogni europeo consuma quasi 16 tonnellate di materie prime a testa, di cui la gran parte viene convertita in beni e il resto diventano rifiuti solidi o emissioni inquinanti. Si tratta di 5/6 tonnellate di rifiuti solidi pro capite, inclusi quelli pericolosi. Il Rapporto L’Italia del Riciclo 2011, curato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, riporta che l’Europa ha utilizzato 8 miliardi di tonnellate di materie prime nel periodo 2000-2007, incrementando del 25% l’uso di risorse naturali con un valore di importazioni nette per persona più alto del mondo.

La strategia “Europa 2020” e la sua iniziativa faro “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” hanno avviato l’Europa verso una trasformazione necessaria per ridurre i consumi di risorse naturali delineando una tabella di marcia “per definire gli obiettivi di medio e lungo termine e i mezzi necessari per conseguirli”. A tale scopo il 20 settembre 2011 la Commissione Europea ha adottato la Comunicazione “Roadmap to a Resource Efficient Europe” (COM 571) che individua i settori economici che consumano più risorse e propone strumenti e indicatori che orientino l’azione in Europa e nel mondo definendo un piano per la competitività e la crescita che si fonda sull’impiego di meno risorse nella produzione e nel consumo di beni e che prevede la creazione di imprese e posti di lavoro in settori di attività quali il riciclaggio, la progettazione avanzata di prodotti, la sostituzione di materiali e l’ingegneria ambientale.

La maggior parte dei comuni italiani non ha raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata (60%) previsti per legge al 2011. Volendo comparare la situazione dei comuni italiani con quella di paesi che fanno meglio di noi va detto che in Germania, Austria ed in generale nel nord Europa gli enti locali non devono nemmeno occuparsi della raccolta degli imballaggi poiché sono gli stessi produttori che devono organizzarla e pagarne i costi per intero.

Nella necessità di trovare delle soluzioni all’arretratezza in cui versa l’Italia in questo settore, all’inadeguatezza delle sue strutture, alla mancanza di un’adeguata programmazione e all’assenza di una cultura del rifiuto come ricchezza sia nelle pubbliche istituzione che nei cittadini, i soggetti promotori di questo appello promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi rivolgono a tutte le aziende utilizzatrici di packaging e al mondo della distribuzione dieci proposte attuabili, che possono dare risultati a breve termine, cogliendo l’occasione di un significativo evento di portata europea che si svolge dal 16 al 24 novembre mirato a sensibilizzare governi, aziende e cittadini sull’importanza della prevenzione dei rifiuti come la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti SERR.

Le 10 mosse per avere meno rifiuti e più benessere

1) Sostituire tutti gli imballaggi non riciclabili, che impediscono un riciclo efficiente o che compromettono la qualità del riciclo con imballaggi riciclabili andando verso l’impiego di monomateriali (o imballaggi di più materiali, tra di loro facilmente separabili e per i quali esista una filiera del riciclo). Inoltre nell’impiego di materiali teoricamente riciclabili o compostabili come ad esempio il PLA (o acido Poli-lattico) va verificato se la filiera di raccolta esistente al momento sul territorio nazionale è in grado di gestire il materiale senza disfunzioni e se lo stesso può essere effettivamente compostato o riciclato con metodologie meccaniche o chimiche. Stessi accorgimenti sono applicabili dal mondo della grande distribuzione organizzata (GDO) per il packaging dei prodotti a marca propria e nei confezionamenti dei prodotti alimentari che avvengono nei punti vendita.

2) Ridurre il peso degli imballaggi con l’eliminazione dei doppi imballaggi e componenti accessori all’imballaggio superflui e la messa in commercio di prodotti iperconcentrati o allo stato solido. Tra i doppi imballaggi (o packaging secondario) di cui si può fare a meno ci sono le confezioni di cartoncino che contengono dentifrici o altri prodotti di detergenza per il corpo e gli involucri impiegati per avvolgere le due confezioni di caffè macinato utilizzati da molte marche note, sostituibili con una grafica dell’imballaggio primario che evidenzi l’impossibilità di un acquisto separato delle 2 unità. Alcuni componenti accessori dell’imballaggio, oltre a complicare conferimento e riciclaggio quando non separabili, costituiscono uno spreco evitabile come ad esempio tappi e fascette per richiudere le confezioni ma anche i manici dei flaconi. Si può tranquillamente tornare a fare a meno dei tappi a vite o a linguetta applicati a contenitori in tetrapack soprattutto quando termosaldati e difficilmente separabili. Esistono in commercio soluzioni riutilizzabili che possono assolvere alle stesse funzioni garantite dalle parti accessorie (come clip e mollette per richiudere le confezioni al posto delle fascette). Ripensare le formulazioni dei prodotti in particolare nel settore della detergenza dove il principale ingrediente è l’acqua e mettere a disposizione prodotti iperconcentrati o in forma solida si possono evitare tonnellate di plastica, ridurre i viaggi dei camion e le emissioni di Co2 complessive dovute alla produzione, distribuzione e riciclo del packaging.

3) Sostituire o eliminare negli imballaggi quelle componenti che ne impediscono o complicano il riciclaggio come le etichette sleeves e l’uso di additivi, coloranti e composti esterni. Le etichette sleeves che rivestono tutto il contenitore creano enormi problemi quando sono di diverso materiale plastico rispetto al contenitore che rivestono. Per motivi tecnici ed economici vengono scelte in PVC in molti casi e applicate su contenitori in PET. Questa pratica compromette il riciclaggio sin dalle prime fasi di selezione. A causa della sleeve in PVC  il contenitore in PET non viene riconosciuto dai lettori ottici degli impianti di selezione automatica e viene scartato finendo in discarica o negli inceneritori visto anche l’insostenibilità economica della selezione e rimozione manuale dell’etichetta. Se le bottiglie di plastica delle bevande fossero tutte di PET trasparente la riciclabilità sarebbe ottimale (evitando selezioni per colore e massimizzando il valore del materiale riciclato) ed è per questo motivo che in Giappone è consentito produrre solo bottiglie trasparenti.

4) Ottimizzare l’impiego dei materiali e del design dei contenitori ai fini di un riciclo efficiente. Una nota marca ha lanciato una nuova confezione basica senza manico e in PET per un suo detersivo comunicando i motivi della scelta. Una riduzione dell’eterogeneità delle plastiche con l’utilizzo di polimeri più pregiati ai fini del riciclo è stata perseguita recentemente da aziende leader della GDO in Canada dove per il confezionamento in house verranno usati contenitori e vaschette termoformate in PET invece che in PVC . Questa decisione ha non solamente sottratto il pvc alle discariche e soprattutto dagli inceneritori (il pvc è il precursore delle famigerate diossine) ma sta condizionando anche le decisioni sul packaging che le aziende di marca stanno prendendo.

5)Promuovere l’uso di contenitori a rendere (anche in plastica infrangibile).

6)Utilizzare ove possibile materiale riciclato per realizzare il packaging al posto di materia vergine.

7) Adottare un sistema di marcatura/etichettatura degli imballaggi che possa comunicare in modo chiaro e trasparente al consumatore il grado di riciclabilità dell’imballaggio stesso. Sulla base di questo grado di riciclabilità potrebbe essere fissato il livello di contributo ambientale che tale imballaggio deve pagare al sistema di raccolta.

8) Nei punti vendita della GDO: favorire la nascita di circuiti specifici a “filiera breve” raccoltariciclo-riprodotto, anche con sistemi a cauzione come avviene ad esempio in molte catene GDO centro europee.

9) Nei punti vendita della GDO: eliminare l’imballaggio eccessivo e ridurre il consumo di sacchetti monouso per l’ortofrutta. Per quanto riguarda alcuni prodotti alimentari confezionati in loco (ad es i formaggi) è possibile ridurre l’imballaggio alla sola pellicola eliminando i vassoi in polistirolo. Nel settore ortofrutta si può ridurre il consumo di sacchetti monouso mettendo a disposizione dei clienti una soluzione riutilizzabile come i retini in cotone o poliestere proposti dalla campagna Porta la Sporta con l’iniziativa Mettila in rete.

10) Nei punti vendita della GDO: favorire un cambio di abitudini che spinga i cittadini consumatori al riutilizzo di contenitori portati da casa e all’adozione di prodotti con parti intercambiabili adatti all’uso multiplo in quanto unica strategia possibile ed efficace per ridurre il consumo usa e getta. Per quanto riguarda i prodotti acquistabili sfusi con contenitori riutilizzabili del settore detersivi e detergenti per la casa e la persona è stato rilevato da negozi specializzati in prodotti sfusi che, quanto più ampio è l’assortimento a disposizione dei clienti, tanto maggiore diventa lo smercio con questa modalità. La GDO può guidare le scelte dei consumatori dalle versioni usa e getta a versioni adatte all’uso multiplo mettendo a disposizione e valorizzando queste ultime. Partendo da un oggetto usato quotidianamente come lo spazzolino da denti va notato che l’offerta di modelli con testine intercambiabili è quasi inesistente o poco visibile. Solamente la Coop ha in assortimento un modello di spazzolino con testine intercambiabili a marca propria (realizzato in Italia) in tutti i punti vendita. Tutti i modelli di spazzolini presenti in assortimento sugli scaffali delle maggiori insegne della GDO sono spazzolini monouso che per lo più arrivano dalla Cina, tranne un unico modello che non è però capillarmente diffuso nei punti vendita.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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