In Italia la maggior parte delle carceri sono luoghi infernali, sovraffollati, degradati e dove i detenuti trascorrono la giornata senza poter far nulla se non cercare di far passare il tempo.
Secondo l’ultimo report dell’associazione Antigone sono oltre 3 mila i detenuti in più solo negli ultimi 12 mesi con un tasso di sovraffollamento del 113,2%, che rischia a fine 2020 di far tornare l’Italia ai numeri dell’emergenza del 2010. 57mila le presenze attuali a fronte delle 54mila di un anno fa.
Cerchiamo di districarci fra le oltre 200 carceri italiane e di stilare una classifica degli istituti: i peggiori e i migliori (in verità i meno peggio).
Carceri italiane, le peggiori e le migliori
Carceri fatiscenti, e carceri a cinque stelle. Celle minuscole e umide. E isole senza sbarre. Ecco le peggiori e le migliori carceri italiane.
Marassi a 5 sbarre
In una guida ai penitenziari da evitare, un posto d’onore lo occupa il Marassi di Genova, ottocentesco per concezione e atmosfera (di poche settimane fa’ un caso di zecche e Tbc). Dai dati forniti dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando la struttura spicca in tutte le categorie: personale aggredito, autolesionismo, scioperi della fame, suicidi e tentati suicidi.
Gli agenti, in carenza di organico del 30%, devono tenere a bada 678 detenuti, ben 228 in più rispetto alla capienza regolare prevista dal sito ufficiale del ministero.
Fuga dalla Regina – il carcere di Regina Coeli
È recente l’acrobatica fuga di tre detenuti dall’ex convento seicentesco di Regina Coeli, una delle galere più affollate, con 906 detenuti contro i 620 regolamentati.
Sbarre segate e le lenzuola annodate per sfuggire a quello che i detenuti descrivono a Radiocarcere come un inferno: “Nelle nostre celle si sta in dieci. Ammucchiamo i vestiti sotto le brande o dentro i sacchi dell’immondizia, non abbiamo sapone ne detersivi, e per pulire usiamo gli indumenti come stracci”.
Ucciardone – Palermo
È un carcere del 1834 e non fa nulla per nasconderlo: umidità che arriva a lasciare larghissime macchie di un verde acceso nei muri, intonaco cadente in tutto l’Istituto, mancanza di un impianto di riscaldamento e pulizia carente.
È una reliquia storica sovraffollata all’inverosimile e sempre più abbandonata a se stessa, tanto che, per esempio, le persone in attesa di registrazione vengono chiuse in una cella larga un metro e mezzo, in condizioni igieniche disastrose.
Nel girone di Aversa
Quello di Aversa è un ex ospedale psichiatrico giudiziario. I dati Uil riportavano, nel solo 2011, tre suicidi e 23 agenti feriti (record italiano). Celle in condizioni pessime, letti arrugginiti, finestre divelte e nel bagno una bottiglia fa tappo contro i ratti.
Pareti, pavimenti, soffitti scrostati, macchie di umido, armadietti vetusti. Ovunque cumuli di sporcizia, residui alimentari e un pungente tanfo di urina. Attualmente con il superamento degli OPG le cose sono migliorate ma rimangono delle criticità.
Le sardine di Piazza Lanza
Il Piazza Lanza di Catania è uno dei penitenziari più saturi d’Italia con 350 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 253 posti, per un affollamento pari al 138%. Le criticità riguardano anche l’organizzazione della polizia penitenziaria che può contare su 234 agenti in servizio a fronte di una pianta organica che prevede la presenza di 395 unità.
Vito Pirrone, penalista catanese, descrive un luogo soffocante: “Le celle che ho visitato sono al massimo 4 metri per 4, con 10 anche 14 detenuti. Nel 2010 non c’erano materassi, così per dormire si usavano i tavoli”.
Al Nicito, il reparto di isolamento, la “a bocca di lupo” è a 4 metri, mentre la “stanza” è un rettangolo 2 per 3, con gabinetto alla turca senza areazione.
Modello Bollate
Nel carcere di Bollate, vicino a Milano, gli oltre 1.100 detenuti non se la passano male. Le celle sono aperte per tutta la giornata, con cucina, frigo e tv. I corridoi sono abbelliti dalle piante del vivaio interno.
Con il miracolo fatto da Lucia Casellano, direttrice fino a qualche anno fa: far lavorare più della meta dei reclusi.
A Bollate chi ha voglia di studiare, di lavorare e accetta regole ha buone possibilità di trovare un lavoro e reinserirsi nella società una volta fuori. C’è l’artigiano, il pellettiere ma anche un capannone gestito da un’azienda che ripara i telefonini. Così, un detenuto ha più chance di trovare lavoro quando esce.
San Vittore – Milano
La struttura penitenziaria si trova nel centro della città ed è stata costruita nel maggio del 1872, ma fu inaugurata nel 1879.
Afflitto da 50 anni dal problema del sovraffollamento, prima di allora ha ospitato personaggi famosi come come Mike Bongiorno e Indro Montanelli, durante l’occupazione nazista. Attualmente il detenuto più popolare è un fotografo di nome Fabrizio Corona.
Sovraffollamento in questo carcere significa che in celle costruite per una o al massimo due persone, vengono stipate anche cinque o sei persone, con un doppio letto a castello a tre piani che impedisce di aprire le finestre e obbliga i detenuti a stare in piedi a turno.
Secondo i dati riportati dall’Associazione Antigone nel suo rapporto del 2012, nel carcere di San Vittore erano ospitati 1.595 uomini e 110 donne. Dal 2015 la situazione all’interno del penitenziario sembrerebbe essere migliorata.
Orvieto carcere Vip
Fra le carceri più ambite c’è Orvieto, il preferito da politici e Vip. Qui si voleva costituire il deputato del Pdl Alfonso Papa, ma finì invece a Poggioreale. A Orvieto sono passate molte facce note, come il fotografo Fabrizio Corona.
L’istituto penitenziario di Orvieto è considerato un “modello”, potendo vantare potenzialità per il recupero sociale dei condannati. Nel carcere orvietano esistono infatti officine per il lavoro del ferro, del legno e dei tessuti che, da anni, implementate e sviluppate, stanno producendo suppellettili e materiali necessari al fabbisogno di tutti gli istituti penitenziari italiani.
Per questa ragione quella di Orvieto è una struttura che si presta ad essere un “Istituto a Custodia Attenuata” per forme di trattamento avanzatissime che qualificano l’intero sistema dell’esecuzione penale italiano.
Dolce Padova
Un istituto dove quasi tutti lavorano è il Due Palazzi di Padova. Come a Bollate, ci sono cooperative che danno l’opportunità di imparare un mestiere. Fiore all’occhiello è il laboratorio di pasticceria. Qui la specialità e il panettone alla birra, tanto buono da entrare al quinto posto nelle top ten del Gambero Rosso.
Recentemente però l’ex direttore dei Due Palazzi è stato indagato e secondo gli ispettori del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap) il carcere di Padova era in mano alle cooperative e il ruolo del direttore era subalterno rispetto a quello giocato da Nicola Boscoletto e Ornella Favero, rispettivamente responsabili della cooperativa di pasticceria Giotto e di Ristretti Orizzonti che pubblica la rivista del Due Palazzi.
Da leggere: Carceri, ogni sette giorni un suicidio
Riflessioni
Definizione di “carcere”:
- “Stabilimento in cui vengono scontate le pene detentive (Zanichelli)”,
- “Luogo in cui vengono rinchiuse le persone private della libertà personale per ordine dell’autorità competente (Devoto-Oli)”,
- “Luogo dove vengono reclusi individui privati della libertà personale in quanto riconosciuti colpevoli di reati per i quali sia prevista una pena detentiva (Wikipedia)”.
La pena quindi consiste nella privazione della libertà e non una discarica sociale dove si è costretti a vivere chiusi in una cella umida, sovraffollata e in condizioni igieniche disumane.
La vita in carcere deve somigliare il più possibile alla vita esterna. Tendere alla reintegrazione significa innanzi tutto praticare l’integrazione. Gli unici elementi di separazione tra la vita penitenziaria e quella libera devono essere quelli inevitabilmente connessi alla condizione di detenzione.
Per tutto il resto non deve esserci differenza tra cittadino libero e cittadino detenuto. Ecco dieci cose da fare immediatamente per porre rimedio alla drammatica situazione delle carceri italiane.