In tre regioni del sud, Campania, Sicilia e Puglia, una donna su tre fa la casalinga. È quello che emerge dal rapporto dell’Istat intitolato “Le casalinghe in Italia”, dedicato alle donne di almeno 15 anni che hanno come principale occupazione lo svolgimento delle faccende domestiche.
Complessivamente in Italia sono 4,3 milioni le donne che si occupano esclusivamente di lavori domestici. Rispetto a 10 anni fa, sono mezzo milione in meno. Le anziane di 65 anni e più superano i 3 milioni e rappresentano il 40,9% del totale. Sono invece 625mila, l’8,5%, le casalinghe giovani e giovanissime, tra i 15 e i 34 anni.
Quasi una casalinga su dieci, spiega l’Istat, si trova in condizioni di povertà assoluta, nel 2015 erano più di 700 mila, circa il 9,3% del totale. Questo significa che non hanno un reddito sufficiente per garantirsi neppure i beni essenziali per una vita dignitosa.
Le casalinghe lavorano in media 2.539 ore l’anno
L’Istat ha stimato che le casalinghe lavorino in media 2.539 ore l’anno. Inoltre, le donne contribuiscono complessivamente con 50 miliardi e 649 milioni di ore nella produzione familiare (il 71% del totale), di cui 20 miliardi e 349 milioni di ore sono da attribuirsi alle casalinghe.
Quello della casalinga è un lavoro degno di uno stipendio
Non sarebbe opportuno conferire uno stipendio a tutte queste donne che decidono di restare a casa e occuparsi dei figli o, di un familiare, magari non autosufficiente, a tempo pieno? Se veramente le Istituzioni riconoscono il ruolo delle casalinghe per tutto quello che fanno perchè non dare una indennità mensile?
Un reddito minimo universale potrebbe essere la scelta giusta sia per quelli che non hanno un’occupazione, quindi anche le casalinghe, sia per quelli che l’hanno ma non guadagnano abbastanza per vivere.
Le politiche per le donne che lavorano, le politiche per le donne che lavorano in casa, le politiche per la famiglia ormai non sono rinviabili.