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Il suicidio economico dell’Europa

 

Sabato scorso il Times ha parlato di un fenomeno apparentemente in crescita in Europa: “il suicidio per crisi economica”, vale a dire persone disperate a causa di una maggiore disoccupazione e del fallimento economico. E’ stata una storia straziante. Ma sono sicuro che non ero l’unico lettore, in particolare tra gli economisti, a chiedersi se la questione più rilevante non riguardi tanto gli individui quanto l’apparente determinazione dei leader europei nel commettere il suicidio economico di un intero continente.

La buona volontà della BCE

Solo pochi mesi fa sentivo qualche speranza per l’Europa. Si può ricordare che alla fine dello scorso autunno il vecchio continente sembrava essere sull’orlo del tracollo finanziario, ma la Banca Centrale Europea, controparte UE della Fed, è arrivata in soccorso. Ha offerto alle banche europee ampie linee di credito, purché garantissero di acquistare i titoli dei governi. Questo è arrivato a sostegno diretto per le banche e indiretto per i governi, e ha messo fine al panico.

La domanda allora è se questa azione coraggiosa ed efficace possa essere l’inizio di un ripensamento più ampio, se i leader europei abbiano utilizzato o meno lo spazio di respiro creato dalla banca per riconsiderare le questioni politiche.

Ma non lo hanno fatto. Hanno piuttosto raddoppiato le loro politiche e le loro idee fallimentari. E sta diventando sempre più difficile credere che la situazione possa cambiare rotta.

Il fallimento dell’austerità

Si consideri la situazione in Spagna, che ora è l’epicentro della crisi. Non importa parlare di recessione: la Spagna è in piena depressione, con un tasso di disoccupazione complessivo al 23,6%, paragonabile in America solo alla Grande Depressione, e il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 50%. Questa situazione non può andare avanti – e il fatto che si stia capendo che non può andare avanti è proprio ciò che sta portando gli oneri finanziari spagnoli sempre più in alto.

In un certo senso, non importa come la Spagna sia potuta arrivare ​​a questo punto – la vicenda spagnola del resto non ha niente a che fare con i racconti morali così diffusi tra i funzionari europei, soprattutto in Germania. La Spagna non era un paese fiscalmente dissoluto – alla vigilia della crisi aveva un debito basso e un avanzo di bilancio. Purtroppo, aveva anche una enorme bolla immobiliare, una bolla resa possibile in gran parte da enormi prestiti dalle banche tedesche ai loro omologhi spagnoli. Quando la bolla è scoppiata, allora l’economia spagnola è rimasta a bocca asciutta. I problemi fiscali della Spagna sono una conseguenza della sua depressione, non la causa.

Tuttavia, la prescrizione proveniente da Berlino e Francoforte è stata di procedere ancora con più austerità fiscale.

Questo è, senza mezzi termini, un’assoluta follia. L’Europa ha vissuto per diversi anni l’esperienza di duri programmi di austerità, e i risultati sono esattamente ciò che gli studiosi di storia avevano detto che sarebbe successo: tali programmi spingono le economie depresse ancora di più nella depressione. E, dal momento che gli investitori guardano lo stato economico di un paese per valutare la sua capacità di ripagare il debito, i programmi di austerità non hanno nemmeno funzionato come espediente per ridurre gli oneri finanziari.

Fine dell’unione monetaria?

Qual è l’alternativa? Ebbene, nel 1930 – un’era che sta ritornando nell’Europa moderna in maniera sempre più fedele e dettagliata – la condizione essenziale per il recupero era l’uscita dal gold standard. La mossa equivalente adesso sarebbe l’uscita dall’euro e il ritorno delle monete nazionali. Si può dire che questo sia inconcepibile e sarebbe davvero un evento estremamente distruttivo sia economicamente che politicamente. Ma, proseguendo sulla strada attuale, imponendo sempre più misure di austerità per i paesi che già soffrono di depressione occupazionale, è veramente inconcepibile.

Se dunque i leader europei avessero davvero voluto salvare l’euro, sarebbero già alla ricerca di un percorso alternativo. E la forma di una tale alternativa è in realtà abbastanza chiara. Il continente ha bisogno di politiche monetarie più espansive, sotto forma di una volontà – una volontà già annunciata – della Banca Centrale Europea di accettare un’inflazione leggermente più elevata; ma ha bisogno anche di politiche fiscali più espansive, sotto forma di bilanci in Germania che possano compensare l’austerità in Spagna e in altri paesi in difficoltà alla periferia del continente, piuttosto che rafforzarla. Anche con tali politiche, però, le nazioni di periferia si troverebbero a dover affrontare anni duri. Ma almeno ci sarebbe qualche speranza di recupero.

Quello che stiamo vedendo, in realtà è una completa mancanza di flessibilità. Nel mese di marzo, i leader europei hanno firmato un patto fiscale che in effetti sostiene in maniera serrata l’austerità fiscale come la risposta a qualsiasi problema. Nel frattempo, i principali funzionari della banca centrale sottolineano la volontà dell’istituto di alzare i tassi al minimo accenno di un rialzo dell’inflazione.

Quindi è difficile evitare un senso di disperazione. Piuttosto che ammettere che hanno sbagliato, i leader europei sembrano decisi a guidare le loro economie – e le loro società – contro uno scoglio. E il mondo intero ne pagherà il prezzo.

Paul Krugman

(Fonte The New York Times – Tradotto da Raffaele Guerra per Forexinfo.it )

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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