Dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “Un mese di vacanza va bene. Ma non c’è un obbligo di farne tre. Magari uno potrebbe essere passato a fare formazione. I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse. Sono venuti su normali, non sono speciali”. Non è una boutade, ma è un’idea molto precisa del rapporto tra scuola e lavoro quella lanciata dal ministro emiliano. La risposta di Massimo Cacciari sulle pagine de Il Fatto.
“Tre mesi di vacanze per gli studenti sono troppi? Perché? Secondo quale ragionamento? Bisognerebbe vedere come vengono impiegati, tanto per cominciare. E poi bisognerebbe distinguere tra i diversi ordini di studi. Comunque mi pare un’idea trogloditica.
Mi chiedo se siano questi i problemi urgenti della scuola o dell’insegnamento. Non mi pare proprio. È una “questioncella”. Non ha nulla a che fare con la sostanza dei fatti. L’ennesimo slogan gettato in pasto all’opinione pubblica, tanto per vedere l’effetto che fa; un esercizio periodico. Ma poi, cosa c’entra Poletti con le vacanze degli studenti?
I giovani fanno una fatica enorme a trovare un’occupazione anche dopo aver terminato gli studi… Il motivo secondo Poletti è che non fanno “formazione”? Se avessero lavorato durante il liceo e le medie, dopo sarebbe più facile trovare lavoro? Ma cosa dicono questi qui… Parlano per dare aria ai denti.
Le vacanze possono essere anche il periodo più formativo della vita di un ragazzo. Per me è stato così. I viaggi in Grecia e in Turchia, coi libri alla mano, mi hanno fatto imparare tantissimo. In effetti, le vacanze mi hanno formato diecimila volte più di due anni scolastici. Ma questi qui chiacchierano, chiacchierano e basta. La chiacchiera universale sta travolgendo tutto e tutti.
C’è l’idea trogloditica che la produttività di una persona si misuri sul tempo di lavoro. Ce l’aveva anche Brunetta, quest’idea, quando se la prendeva con i dipendenti pubblici perché non timbravano. In un’epoca in cui, grazie allo sviluppo tecnologico, il 90 per cento del lavoro potrebbe essere utilmente svolto a casa, questi arcaici predicatori vanno in giro a dire che bisogna stare più tempo a scuola o in ufficio. Come se studiare o lavorare un mese in più facesse la differenza. Un ragionamento talmente comico che non ci si crede. Sembra che siano fermi a prima dell’invenzione del telefono, questi signori. Il ragionamento di Poletti nella migliore delle ipotesi è offensivo. Se lo prendessimo sul serio, l’impostazione del suo discorso sarebbe da puri reazionari. Se fosse solo una battuta, invece, sarebbe offensiva nei confronti dei giovani italiani. Il 40, 50 per cento di loro è disoccupato, o lavora a condizioni tremende. E ora si sentono pure dire da un ministro che devono fare chissà cosa durante il percorso di studio per riuscire trovare un’occupazione. Poi escono dalle scuole e dalle università e c’è il deserto.”