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Il monopolio della Grande Distribuzione Organizzata

La Distribuzione Moderna Organizzata

Fonte: elaborazioni Federdistribuzione su fonti varie, dati ACNielsen, e dati IRI Infoscan

Con il termine Distribuzione Moderna (o Grande Distribuzione Organizzata – GDO) ci si riferisce ad un insieme di punti vendita gestiti a libero servizio, organizzati su grandi superfici e, generalmente, aderenti ad un’organizzazione o ad un gruppo che gestisce una serie di punti vendita contrassegnati da una o più insegne commerciali comuni (la c.d. catena distributiva).

La Distribuzione Moderna, costituendo una risposta del mercato alle mutate condizioni della domanda, in termini di preferenze e abitudini di acquisto dei consumatori, ha in parte integrato, in parte sostituito il tradizionale sistema di distribuzione al dettaglio, rappresentandone una necessaria evoluzione: molti dei tradizionali esercizi commerciali di vicinato, infatti, hanno ceduto la propria licenza alle catene distributive o si sono essi stessi trasformati in punti vendita della GDO, modificando il format distributivo, la formula organizzativa e i criteri gestionali.

La fotografia scattata, dall’Antitrust italiana con un Indagine conoscitiva sulla concorrenza nel settore della distribuzionedescrive un’Italia con una concentrazione oligopolistica della distribuzione tutto sommato limitata, con 18 player che arrivano al 90% del mercato ( e solo 2 con una quota maggiore del 10%, per fare un confronto rapido, nel Regno Unito i primi 4 retailers coprono il 70% del mercato). Ma lascia alcune ombre sul campo. In particolare, le centrali di acquisto,  7 in tutto, che aggregano 21 catene, con una quota delle vendite nazionali complessive della GDO pari a quasi l’80 per cento. Questo aspetto di concentrazione è potenzialmente foriero di aspetti delicati da un punto di vista della normativa concorrenziale, e più in generale, di un danno per i fornitori della distribuzione stessa. Ma anche i consumatori, continua la relazione dell’Antitrust, potrebbero subire danni, o non ricevere benefici dalle dinamiche recenti.

Sulla base di stime di Federdistribuzione, Mappa del Sistema Distributivo in Italia (riferite ai soli punti vendita di superficie superiore ai 200 mq), dal 1996 al 2010 la distribuzione moderna alimentare ha avuto una crescita pari al 71% circa in termini di giro d’affari, passando da circa 48 miliardi a circa 82 miliardi di euro. Nello stesso periodo, il giro d’affari del dettaglio tradizionale si è ridotto del 55% circa, essendosi altresì incrementato del 10% il giro d’affari dei canali distributivi diversi, quali il commercio ambulante, gli acquisti diretti presso le aziende agricole, ecc.. In termini di numero di punti vendita, dal 1996 al 2009 si è registrato un incremento del 47% circa degli esercizi della GDO e una diminuzione del 18% circa dei punti vendita del dettaglio tradizionale.

In termini di incidenza sul totale del commercio alimentare, fresco e confezionato, la distribuzione moderna è passata dal 50% circa del 1996 all’attuale 72%. A fronte di tale andamento si sono registrati una netta contrazione del dettaglio tradizionale, passato dal 41% circa del ’96 all’attuale 18%, e un leggero rafforzamento del peso degli altri canali (commercio ambulante, gli acquisti diretti presso le aziende agricole, ecc.), passati dal 9,2% al 10,6%.

In base agli elementi raccolti nel corso dell’indagine, anche attraverso l’elaborazione di questionari compilati da 320 imprese agroalimentari nazionali, emerge un quadro di rapporti conflittuali tra produttori e GDO relativamente ai contributi versati dai primi a fronte della prestazione di servizi espositivi, distributivi e promozionali: si tratta di una voce che in genere incide per circa il 40% sull’insieme delle condizioni economiche trattate. E’ emerso che i distributori, nella negoziazione relativa alla vendita dei servizi, adottano effettivamente comportamenti quali:

1) condizionare l’acquisto dei prodotti alla vendita del pacchetto di servizi;

2) imporre prezzi di vendita sganciati dalle caratteristiche dei servizi e dall’effettivo vantaggio che da essi deriva al fornitore;

3) fornire controprestazioni inadeguate al compenso versato, risultando peraltro la verifica di tale adeguatezza non sempre agevole per un piccolo produttore.

Segnala l’Antitrust che “Un aumento del potere di mercato della grande distribuzione organizzata nei rapporti commerciali con i fornitori, anche attraverso un rafforzamento del ruolo delle centrali di acquisto, i cui effetti si riverberano non solo sulle condizioni economiche nel mercato a monte dell’approvvigionamento ma anche in quello a valle delle vendite, con possibili ripercussioni a danno dei consumatori finali.” L’Autorità, si legge nelle conclusioni, alla luce dell’incremento del potere di mercato della GDO dal lato della domanda (c.d buyer power), ricorrerà a tutti gli strumenti di intervento previsti dalla normativa a tutela della concorrenza, valutando gli eventuali effetti anticompetitivi sul benessere del consumatore non solo in un’ottica di breve periodo ma anche di medio-lungo periodo.

Fonte: elaborazioni Federdistribuzione su fonti varie, dati ACNielsen, e dati IRI Infoscan

Fonte: elaborazioni Federdistribuzione su fonti varie, dati ACNielsen, e dati IRI Infoscan

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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