Nel mondo vengono prodotte più di 2 miliardi t-shirt ogni anno. Ti sei mai chiesto quanto costa produrre una t-shirt? Il prezzo di un indumento base come la t-shirt può essere utile per capire l’incongruenza tra il prezzo all’ingrosso e quello al dettaglio.
Qual è il vero costo di una t-shirt?
Su 29 euro di costo, prezzo medio, cosa resta al lavoratore? Bene, solo 0,18 centesimi (0,6%). Il costo maggiore, 17 euro (59%), viene assorbito dalla distribuzione.
I lavoratori delle fabbriche del Bangladesh che producono queste magliette, vengono sfruttati con una paga da miseria, 30-40 euro al mese, uno dei salari più bassi al mondo, circa un quarto di quello cinese. Assurdo vero?
Spiega Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti: “I marchi occidentali, committenti delle fabbriche tessili bengalesi, sono corresponsabili delle condizioni di sfruttamento in cui versano i dipendenti. Gli operai, la maggior parte bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni, lavorano 12-14 ore al giorno, fanno straordinari obbligatori e salari bassissimi. Uno stipendio dignitoso equivale a 337 euro, mentre il salario minimo si ferma a 40 euro. E gli ambienti sono pericolosi. Chi va a lavorare in una fabbrica tessile, rischia di non tornare a casa”.
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Moda sostenibile, ecosostenibile e etica
Ogni volta che ci troviamo difronte alla tentazione di acquistare una t-shirt a 29€ dobbiamo fermarci e riflettere sul suo vero costo, ambientale e umano. L’indifferenza non è più ammessa. Il futuro della moda è etico e sostenibile!
Vero, ma senza le multinazionali le paghe sarebbero ancora più basse.
La globalizzazione deve andare avanti assieme all’esportazione di sindacati, contratti collettivi, salvaguardia dell’ambiente e dei lavoratori.
Se chiudessimo le frontiere sarebbe ancora peggio.