Inalca S.P.A, prima azienda nazionale nel settore delle carni, proprietà della famiglia Cremonini, voleva costruire una sorta di inceneritore di scarti animali, usufruendo anche di fondi europei, presso l’attuale stabilimento a Castelvetro (MO), con lo scopo di bruciare 30.000 tonnellate di biomasse l’anno.
La particolarità di questo impianto, cosiddetto “a biomasse”, consiste nell’utilizzo come combustibile per potenti motori diesel, di 30.660 tonnellate l’anno (840 q.li al giorno) di cascami animali della tipologia più pericolosa, secondo le norme CEE. Rifiuti di origine animale, quindi ritagli di carne, grasso, ossa e altro. Tali scarti animali non utilizzabili neppure per i mangimi, per i rischi che comportano, potrebbero provenire anche da altre regioni italiane o dall’estero senza alcuna garanzia di tracciabilità. Il processo di bollitura di scarti animali per ottenere grassi e farine destinate allo smaltimento è solo una parte di un progetto iniziale di cogeneratore e inceneritore che la ditta Inalca intendeva realizzare, proposto nel luglio 2011, bocciato dalla Provincia perché non conforme a norme europee. L’impianto di rendering è la parte che la ditta ha riproposto è approvata in una decina di giorni, senza le necessarie analisi di impatto ambientale a cui un nuovo progetto dovrebbe sottostare.
“Non si può escludere”, afferma il Comitato no impianto biomasse Inalca, “il rischio che vengano immessi nell’aria o nell’acqua agenti patogeni che invece dovrebbero essere inceneriti a temperature altissime, cosa che non avviene nella combustione diesel” (non dimentichiamo la BSE o “morbo della mucca pazza”). Invece che essere bruciati gli scarti potrebbero essere riutilizzati e valorizzati diversamente e trasformati in cibo per animali domestici ed altri utilizzi, come alcuni studi ed esperienze industriali (su tutti quelli condotti dal Crpa di Reggio Emilia dagli Anni Settanta) dimostrano.
Pare quindi evidente che il progetto presentato da Inalca Spa per lo stabilimento di Castelvetro, pur totalmente legittimo sul piano formale, non rappresenti un esempio di innovazione industriale e di perseguimento della qualità ambientale, ma sia fortemente condizionato dalla possibilità di incamerare incentivi pubblici. Incentivi pagati dai contribuenti italiani, tramite il meccanismo dei ‘certificati verdi’.
Un altra brutta storia, con lo scopo di godere dei contributi pubblici a spese del cittadino per la cosiddetta ‘valorizzazione energetica’.
Per contrastare questo progetto si è costituito il Comitato no impianto biomasse Inalca formato da cittadini che hanno come unico obiettivo la salvaguardia del territorio e della salute di tutti.
Incenerire i rifiuti? No, grazie!. Gianluca Ferrara in questo manuale spiega, in maniera semplice ma argomentata, come gli inceneritori (erroneamente definiti “termovalorizzatori”) siano l’ennesimo inganno imposto dalla classe politica succube della lobby di turno. Gli inceneritori sono la risposta funzionale, partorita da un sistema economico malato che ha l’obiettivo di renderci dei consumatori obbedienti ed inconsapevoli. Il messaggio è: “Consuma tanto, poi noi bruciamo tutto!”.