Attorno alle vicende del Nord Africa e, conseguentemente anche dei flussi migratori girano fiumi di denaro.
A livello di Unione Europea, le cifre vengono riassunte in una comunicazione della Commissione Europea relativa al Piano “Partnership per la democrazia e una prosperità condivisa con il Sud del Mediterraneo”. La Commissione ha già stanziato quattro miliardi di euro di aiuti per i Paesi partner del Nord Africa e Medio Oriente; somma che comprende 240 milioni di euro per la Tunisia e 445 milioni di euro per l’Egitto. Alla Tunisia sono stati offerti 17 milioni di euro per organizzare le elezioni. Dalla Banca europea d’investimenti, dopo l’approvazione da parte del Consiglio Europeo, potrebbero arrivare finanziamenti per progetti nella regione per un totale di sei miliardi di euro nei prossimi tre anni. Rispetto alla situazione contingente, l’Unione ha poi stanziato 30 milioni di euro per gli aiuti umanitari ai confini della Libia con Tunisia ed Egitto, integrabili con fondi ad hoc per le emergenze rifugiati e ai confini esterni, pari a 25 milioni di euro. Sono decisamente cospicui anche gli stanziamenti europei per il Fondo comunitario per i rifugiati, per i rimpatri e a quello per l’integrazione. Il primo ammonta a 628 milioni di euro, per il periodo 2008-2013, suddivisi in 566 milioni di euro ripartiti tra gli Stati membri in base al numero di richiedenti asilo e 62 milioni di euro per azioni comunitarie a sostegno della cooperazione. Riguardo l’Italia sono stati assegnati o previsti per il 2008-2013 oltre 30 milioni di euro, cui si aggiungono, per lo stesso periodo, circa 68 milioni di euro relativi al Fondo europeo per i rimpatri, che a livello europeo prevede 676 milioni di euro (2008- 2013). Lo stanziamento complessivo per il Fondo europeo per l’integrazione 2007-2013 è invece pari a 825 milioni di euro, di cui 768 milioni distribuiti fra gli Stati membri sulla base del numero di cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti nello Stato membro e 57 milioni per le azioni comunitarie. Le risorse stanziate per l’Italia per quel periodo ammontano a circa 103 milioni di euro. Infine, vi è un quarto Fondo, quello per la sicurezza delle frontiere interne che, per il periodo in questione, ha stanziato 1.820 milioni di euro.
In totale, quasi quattro miliardi di euro su sette anni, di cui almeno 200 milioni destinati all’Italia. Fondi che, peraltro, come ha ricordato la Commissaria dell’Unione Europea Cecilia Malmstrom – di fronte alle insistenti richieste del ministro Maroni all’Unione di uno stanziamento straordinario di 100 milioni di euro per l’emergenza Lampedusa –, l’Italia non ha ancora speso interamente. Peraltro, a settembre 2011, il Parlamento Europeo ha approvato lo stanziamento di fondi aggiuntivi per 43,9 milioni di euro destinati ai Paesi più esposti ai flussi migratori: buona parte della somma (24 milioni), andrà a beneficio di Frontex per rafforzare il pattugliamento marittimo, mentre 12,2 milioni di euro sono indirizzati al Fondo europeo per i rifugiati, 4,9 milioni al Fondo per le frontiere esterne e 2,8 milioni al Fondo europeo per i rimpatri.
Attorno al migrante che rischiando la propria vita e investendo i propri risparmi o indebitandosi si avventura nel Mediterraneo c’è una catena di scambi economici. Legali o meno. Diretti o indiretti. In denaro o sotto forma di beni e servizi. Come le quattro motovedette da 15 metri consegnate dall’Italia alla Tunisia per bloccare i viaggi di migranti verso Lampedusa, nel quadro dell’accordo sottoscritto il 5 aprile 2011: 4,4 milioni di euro il costo complessivo. Cui vanno sommati i costi di 60 personal computer, 10 scanner, 20 stampanti, 20 metaldetector portatili, 28 fuoristrada appositamente modificati, 10 motori fuoribordo e 10 quadricicli. Piccoli cadeaux forniti dall’Italia, che vanno ad aggiungersi al pacchetto di misure per la cooperazione tra i due Paesi. Pacchetto «che include linee di credito supplementari fino a 150 milioni di euro, in aggiunta a quelle già in corso pari a quasi a 100 milioni per il sostegno al bilancio dei pagamenti», come dichiarato dal ex ministro Frattini (25 marzo). Un rivolo decisamente consistente delle risorse che, da varie fonti e istituzioni, vengono stanziate per la questione dell’immigrazione, finisce, com’è ovvio, a Lampedusa. Così, già il 3 marzo 2011, la Regione siciliana ha deliberato la concessione di un contributo straordinario di 800.000 euro a favore del comune di Lampedusa e Linosa a motivo delle «emergenze connesse alla pressione migratoria». Successivamente, il 22 aprile, la stessa Regione ha deliberato l’erogazione di 12 milioni di euro per rilanciare il turismo nelle Pelagie e favorire le imprese turistico-alberghiere dell’arcipelago, dopo le ondate di immigrati. Somme non indifferenti, tenuto anche conto che i costi della cosiddetta accoglienza, relativi ai Centri, alle tendopoli e all’apparato di controllo, sono affrontati a livello centrale dal ministero dell’Interno. Ma l’amministrazione che governa Lampedusa, sindaco in testa, non si accontenta, batte il ferro finché è caldo e, per voce dell’assessore alla Programmazione e allo sviluppo economico, Pietro Busetta, richiama il premier alle sue promesse: «Invitiamo Berlusconi a mantenere la parola data e a superare gli ostacoli che si potranno presentare in modo da far uscire allo scoperto in Parlamento chi non è d’accordo. Lampedusa si aspetta un decreto legge in cui siano inseriti gli interventi economici, quelli fiscali e l’autorizzazione per una casa da gioco. Sarebbe un segnale doveroso e importante dell’attenzione del Paese, pur sapendo che non sarà certo la panacea di tutti i mali» (8 aprile). Degli interventi di defiscalizzazione, in effetti, non sembrerebbe esservi bisogno, se è vero quanto denuncia Legambiente, ma che è tranquillamente ammesso anche dalle autorità locali: «Lampedusa d’estate ospita almeno 30.000 persone. Ufficialmente l’isola ha una ricettività di circa 2.000 posti. Tutto il resto è palesemente in nero» (Sanfilippo e Scialoja, 2010). Naturalmente, si può immaginare che i diversi stanziamenti ricevuti siano stati ben utilizzati, a fronte degli innegabili disagi e difficoltà vissute dai residenti e dalle attività economiche dell’isola. Maggiori perplessità può però suscitare lo stanziamento disposto in maggio, con ordinanza del presidente del Consiglio, della somma di un milione di euro al fine di rimuovere e smaltire i barconi con cui i migranti sono arrivati a Lampedusa, a quella data circa 350. Per l’assegnazione del lavoro è prevista una gara, però secondo la procedura di somma urgenza. Sempre Legambiente, nel libro di Sanfilippo e Scialoja, spiega cosa è successo al riguardo negli anni scorsi. Racconta Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia: «La gestione dell’immigrazione a Lampedusa è un enorme business. L’affare non riguarda solo l’isola e, in questo senso, la vicenda delle barche è veramente emblematica. Perché spesso si tratta di ottime imbarcazioni che potrebbero tranquillamente essere messe sul mercato, potrebbe prenderle e venderle anche il demanio, avrebbero un valore; e invece a spese dello Stato vengono triturate e poi smaltite».
*Dossier “Lampedusa non è un’isola”
-——Leggi la seconda parte I Centri per immigrati ———