Dal 1999 al 2011 un miliardo di euro è andato via per gestire questi immensi grandi hotel della vergogna. Ciascun immigrato, ci dice l’ultimo e più aggiornato dossier “Lampedusa non è un isola”, costa allo Stato italiano in media diecimila euro ovvero 45 euro al giorno. Il costo annuale di gestione dei flussi migratori ammonta a 460 milioni di euro.
È stato infatti calcolato, assemblando i diversi dati disponibili sugli stanziamenti, un importo complessivo di 985,4 milioni di euro. Importante la spesa al riguardo da parte del governo Berlusconi: «Gli stanziamenti previsti dal decreto legge 151/2008 (101 milioni e 45 mila euro per gli anni 2008-2011) e dalla legge 94/2009 (139 milioni e 50 mila euro per gli anni 2009-2011) hanno destinato ai CIE un totale di 239 milioni e 250 mila euro. Quest’ultima legge ha stanziato complessivamente per la lotta all’immigrazione illegale (introduzione del reato di ingresso soggiorno illegale, CIE e esecuzione delle espulsioni) 287 milioni e 618 mila euro. Gli allegati alla Finanziaria 2011 evidenziano uno stanziamento di 111 milioni di euro per il 2011, di 169 milioni per il 2012 e di 211 milioni di euro per il 2013. Alle risorse sinora considerate vanno aggiunte quelle necessarie per garantire la vigilanza nei centri. Nel 2004 la Corte dei conti ha calcolato che per il mantenimento di 800 addetti alla vigilanza appartenenti alle forze dell’ordine sono stati spesi 26,3 milioni di euro (32.875 euro l’anno per operatore). Il costo è sicuramente salito negli anni successivi: nel 2009 gli operatori assegnati a questa funzione sono stati 1.000» (Naletto 2010). Difficile fare stime esatte dei costi, stanti le tante, diverse, intrecciate e concorrenti voci di spesa. Prendendo per buone le cifre contenute in un’interrogazione parlamentare (peraltro presentata da deputati della maggioranza del governo Berlusconi), ciascun immigrato rinchiuso nei CIE costa allo Stato italiano circa 45 euro al giorno e, considerata la permanenza media di ciascuno nei Centri, dal fermo fino all’uscita dal centro il costo pro capite è quantificabile in 10.000 euro. La stessa interrogazione propone poi un importo della spesa per la gestione complessiva dei flussi migratori decisamente rilevante: «Dalla mera lettura della Direttiva generale del 2010 del Viminale e dei documenti del bilancio dello Stato, e senza tener conto delle risorse per la sicurezza e l’integrazione accantonate nei bilanci regionali, e comunali, risulta che il costo annuale di gestione di flussi migratori, ovvero controllo delle frontiere, identificazione dei clandestini, espulsione, eventuali politiche di integrazione per coloro che sono in regola, ammonta annualmente a 460 milioni di euro» (Interpellanza parlamentare C. 2/01053). Ad esempio, quelli legati ai costi dell’apparato militare e di controllo: basti pensare che nel 2011 sono stati impegnati quotidianamente circa 2.000 poliziotti per gestire i trasferimenti dei migranti e l’ordine pubblico, sia a Lampedusa sia nelle tendopoli allestite in diverse regioni. O quelli relativi alla gestione dei campi profughi, dei CIE e di tutta la partita dell’accoglienza. Una partita e un volume economico che aumenteranno con l’estensione a 18 mesi della permanenza degli immigrati nei CIE. Come ha denunciato in quell’occasione il responsabile immigrazione della CGIL, Piero Soldini: « Oltre a essere un decreto dannoso … è anche costoso: lo Stato versa 50 euro al giorno per ogni immigrato» (2 agosto). Basti pensare che, sempre in ragione della «emergenza Lampedusa», solo con il decreto che ha istituito i tre CIE di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta e Kinisia, alla periferia di Trapani, sono stati stanziati dieci milioni di euro, di cui sei milioni per i lavori di ristrutturazione e i rimanenti quattro per le spese di gestione. Dieci milioni per tre strutture che, secondo il decreto stesso, dovrebbero funzionare «fino a cessate esigenze, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011», dunque per pochi mesi. Ma già negli anni precedenti, gli stanziamenti, emergenza o non emergenza, non erano certo stati da meno. A metà aprile 2011, per il Piano di accoglienza e sistemazione nelle regioni erano stati assegnati al Fondo della protezione civile solo 30 milioni di euro, «quale acconto rispetto al maggior stanziamento necessario per il superamento del contesto emergenziale». La cifra necessaria, già ipotizzata nella bozza di accordo tra governo ed enti locali, infatti, era di 110 milioni di euro. Oltre ai 13 CIE “ufficiali” andrebbero poi conteggiati anche quelli temporanei e quelli “galleggianti”, vale a dire le tre navi civili – Audacia, Moby Vincent e Moby Fantasy –, tenute ormeggiate nel porto di Palermo su cui sono stati rinchiusi per giorni circa 700 tunisini trasferiti in massa da Lampedusa, dopo le proteste e gli scontri avvenuti il 20 e 21 settembre. Una situazione anomala e irregolare (e costosa: 90.000 euro al giorno solo per il noleggio delle navi), tanto da provocare manifestazioni e denunce da parte delle associazioni umanitarie, che considerano le navi trasformate in CIE del tutto illegali, poiché in contrasto con l’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, con l’articolo 13 della Costituzione, con gli articoli 2, 13, 14 del Testo Unico sull’immigrazione, e con il regolamento Schengen sulle frontiere, che impone provvedimenti formali di respingimento o di espulsione, notificati individualmente e con la possibilità di farsi assistere da un difensore. Infatti, il 27 settembre, dopo la presentazione di un esposto da parte di giuristi e rappresentanti delle associazioni, tra cui il Forum antirazzista, l’ARCI e la CGIL siciliana, la procura palermitana apre un’inchiesta. I reati ipotizzati sono quelli di limitazione della libertà personale, violenza privata e illecita detenzione di minori. Nell’esposto viene denunciato che i cittadini stranieri in quel momento a bordo delle tre navi (circa 250 persone) sono stati trasferiti – peraltro con i polsi legati – e trattenuti in un luogo privo di determinazione giuridica, senza alcun provvedimento individuale formalmente adottato e convalidato dal giudice. Dopo qualche giorno di ancoraggio nel porto di Palermo, una delle tre navi ha ripreso il viaggio con destinazione Cagliari. Lì i 221 passeggeri sono stati trasferiti nel Centro di Elmas, gestito dalla stessa Lampedusa Accoglienza, responsabile del Centro di Lampedusa svuotato dopo gli scontri.
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