Ah i rimborsi elettorali, croce per i cittadini e delizia per i partiti. Saranno 91 milioni anziché 180 i soldi destinati al finanziamento pubblico ai partiti nel 2013, alla faccia del referendum che li aveva aboliti ormai 20 anni fa.
Il 70% del fondo (euro 63.700.000) a favore dei partiti continua ad essere erogato a titolo di rimborso per le spese sostenute in occasione delle elezioni, il restante 30% (euro 27.300.000) è legato alla capacità di autofinanziamento del partito ed è erogato in maniera proporzionale alle quote associative e ai finanziamenti privati raccolti. La concessione di finanziamenti pubblici ai partiti politici è stata inizialmente prevista nel 1974 e si riferiva all’attività ordinaria ed ai sussidi per le campagne elettorali. Gli scandali del 1992-1993, conosciuti come “Tangentopoli”, ed i “Movimenti referendari per la riforma elettorale” hanno portato non solo a cambiamenti del sistema elettorale come detto sopra, ma anche alla disciplina del finanziamento pubblico. Dal 1993, i finanziamenti pubblici sono distribuiti sotto forma di rimborso delle spese per le campagne elettorali. Nonostante tale definizione, i fondi pubblici distribuiti a tal fine spesso superano le somme effettivamente spese dai partiti in occasione delle elezioni.
Fino allo scorso luglio bastava l’1% per accedere ai finanziamenti, ora le regole sono molto diverse: senza un parlamentare eletto (su base nazionale alla Camera, regionale al Senato) niente denaro sonante. In pratica, niente più casi “Sinistra arcobaleno”, la coalizione che la scorsa legislatura rimase fuori dal Palazzo non raggiungendo il quorum, ma che percepì comunque 9 milioni di rimborso elettorale. Questa volta a dividersi la torta saranno verosimilmente dai cinque ai sette partiti (tabella in alto) e al Senato potrebbero essere solo tre o quattro formazioni a mangiarsi tutta la porzione. La spiegazione in fase legislativa è stata quella di voler evitare la proliferazione di sigle che formano partitini solo in virtù del recupero crediti elettorali. In realtà i finanziamenti servono per mantenere in vita i partiti e per pagare gli stipendi dei dipendenti degli stessi. Come possiamo vedere molto bene da questa tabella (Greco Eval III Rep 2011), i partiti si basano per più dell’80% sui soldi dei finanziamenti pubblici:
Finanziamenti pubblici 82%
Finanziamenti privati 16,5%
Altre fonti (attività editoriali, eventi, ecc.) 1,5%
* Dati relativi ai bilanci dei principali partiti politici per il 2010
Per ora solo il M5S ha dichiarato di non volerli, gli altri ovviamente dribblano l’argomento.