Secondo un recente rapporto presentato nel corso dell’’ultimo meeting del World Economic Forum tenutosi a Davos, entro il 2020 gli androidi occuperanno circa cinque milioni di posti di lavoro e renderanno obsoleto il 47% dei posti di lavoro.
L’indagine si chiama “Future Jobs” e traccia uno scenario già presagito qualche mese fa dall’Università di Oxford. Prende in esame 13 milioni di dipendenti di nove diversi settori industriali e nelle prime 15 economie nazionali del pianeta. Sono incluse Cina, Stati Uniti, Giappone, Francia, Germania, Messico e Regno Unito: rappresentano circa il 65% della forza lavoro mondiale. Secondo il rapporto, ad essere particolarmente colpito dall’avanzare della robotica e dell’intelligenza artificiale sarà il settore amministrativo. Ma l’impatto si vedrà anche su costruzioni, agricoltura, industria, settore alberghiero esercito e polizia.
Per Moshe Vardi, esperto di informatica della Rice University in Texas, entro il 2045 i robot sostituiranno l’uomo nella maggior parte delle attività lavorative portando la disoccupazione sopra la soglia del 50%.
Qualcuno potrebbe pensare che questa minaccia non riguardi l’Italia. Ma non è così. Nel mondo lavorano 66 robot industriali ogni 100mila operai (dati diffusi dall’International federation of robotics). Il nostro Paese con 155 robot ogni 10 mila lavoratori “umani” si colloca al secondo posto in Europa per la robotica dopo la Germania e fra le prime dieci nazioni al mondo per tasso di robotizzazione.
Ad oggi sono 7,1 milioni i posti di lavoro erosi dall’automazione tecnologica che a fatica sono stati bilanciati con la creazione di 2,1 nuovi milioni di posti di lavoro in aree particolarmente specializzate nel campo dell’architettura dell’ingegneria e dell’informatica. I governi mondiali si troveranno a dover fare fronte a una decrescita occupazionale assai più veloce della capacità evolutiva tecnologica che, in ogni caso, avrà ripercussioni sostanziose anche sul rapporto di maggior produzione a costi meno gravosi ma da offrire a una base di utenza sempre meno ampia. È il treno del progresso che viaggia a una velocità più che doppia di quella rappresentata dalla capacità umana di adeguarsi alla novità.
Ci stiamo quindi avviando verso una società senza lavoro (Jobless Society)? Siamo sicuri che la tecnologia che stiamo sviluppando porterà benefici al genere umano?
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