A trent’anni dalla morte di Stefanino Nastasi, il vicesindaco della Dc ucciso dai boss su ordine dell’allora sindaco di Partanna Vincenzo Culicchia, una lettera del figlio Nino per ricordarlo.
Stefanino gli dissero i padrini della famiglia emergente, quella dei “Cannata”, vicini a Culicchia nel 1983 quando Stefano Nastasi, prende miracolosamente alle comunali piu’ voti del sindaco Vincenzo Culicchia ma davvero ti vuoi prendere un impegno del genere?”. Messaggio ricevuto. La rinuncia alla candidatura, pero’, non basta. Stefano Nastasi viene assassinato. Da chi? “Da un killer che ci aspettava fuori”, racconta un testimone oculare. E perche’ allora le pallottole provenivano da due pistole? Mistero. Nessuno approfondisce, si lamenteranno i giudici anni dopo. E l’indagine si arena. La moglie dell’ucciso chiede giustizia? Una bella lettera di assunzione in Comune e torna al suo posto. Pianga, preghi, taccia.
Questa è la lettera di Nino Nastasi a trent’anni dalla morte di suo padre Stefanino Nastasi:
“Era mio padre, l’uomo a cui fu tolta la vita il 6 dicembre del 1983 a Partanna. Sono passati 30 anni da quella terribile sera.
Era mio padre, il vice sindaco in forza alla democrazia cristiana, partito politico disintegrato molti anni fa e per il quale Stefanino Nastasi spendeva con la gente e per la gente il suo tempo, aiutando persone deboli, bisognosi e gente che chiedeva cose impossibili che per lui impossibili non erano.
Era mio padre, ed aveva 46 anni quando hanno spento il suo sorriso e buttato in tragedia la mia famiglia ed una comunità intera.
Era mio padre il cui nome, Stefanino, evoca ancora sentimenti contrastanti: dolore per la perdita di un cristiano giusto, gioia nel ricordo di un uomo dal grande cuore, capace di ascoltare le istanze di tutti, anche se di diverso orientamento politico. Ancora oggi, c’è chi mi dà una carezza e mi parla di lui, non pochi, lo ammetto, lo fanno per circostanza, molti altri col cuore in mano e le lacrime agli occhi mi raccontano storie di impegno disinteressato e di rispetto per la res pubblica fuori da logiche personalistiche e di mero arricchimento.
Queste poche e semplici parole vogliono ricordare l’uomo Stefanino a tutti coloro i quali gli hanno voluto veramente bene.
A tutti gli altri dico soltanto che hanno perso l’opportunità, in questi 30 anni di avere un uomo onesto in giro per il paese, un uomo capace, una persona perbene.
Era mio padre, quello che mi manca e che soprattutto mi mancherà ancora tantissimo. Pochi ricordi di lui, poche immagini che col tempo sbiadiscono. A stento ricordo la sua voce e la particolarità del colore dei suoi occhi, uno differente dall’altro.
Era mio padre, ed è morto per caso. Forse per lo stesso caso o destino infame il suo sacrificio è passato quasi inosservato, invisibile agli occhi di amministrazioni che non si sono prese la briga di onorarne la memoria o il ricordo, neanche a titolo personale. Una statua collocata al comune sta ad indicare il passaggio di quest’uomo forse come monito ai posteri che si può e si deve far politica, aiutare la gente comune sempre col sorriso, l’innocente sorriso che lo contraddistingueva. Inutile il tentativo, dettato dall’onda emotiva immediatamente successiva alla sua morte, di intitolargli una via partannese, tentativo caduto nel vuoto e in un silenzio assordante, visto che dopo pochi anni è sparito il suo nome dalle carte toponomastiche del paese per mere ragioni burocratiche in seguito allo scioglimento del consiglio comunale avvenuto nel mese di aprile del 1993.
Ed, infine, era mio padre e gli piaceva giocare ad aiutare gli altri. Beh, ad oggi ahimè, non ho visto e soprattutto non vedo giocatori del suo calibro. Un fuori classe puro.
Era mio padre.”