Gli effetti perversi della riforma Fornero generano, insieme a quelli prodotti da sei anni ininterrotti di crisi, una situazione non più sostenibile. L’azione combinata della disoccupazione, dell’aumento di illegalità e della diminuzione delle protezioni sociali necessitano di risposte immediate. I lavoratori delle costruzioni non possono più aspettare. Dal 2008 i posti di lavoro persi sono 529 mila nel settore delle costruzioni, 800 mila in tutta la filiera; sono 80 mila le imprese uscite dal mercato; i permessi di costruire sono calati dell’80 % dal 2006, passando dai 300 mila del 2005 ai circa 54 mila del 2014. Il 18 Luglio Manifestazione Nazionale degli edili in piazza a Roma #oggiXdomani.
“Il settore continua a subire la crisi e le sue conseguenze con il crollo devastante dell’occupazione, del lavoro regolare e sicuro, dei redditi e dei consumi e la perdita di legalità e trasparenza. I dati parlano chiaro: dal 2008 al 2014, il settore ha perso il 32% degli investimenti e si colloca sui livelli di attività più bassi degli ultimi 50 anni. Se c’è ripresa nei nostri settori serve una lente di ingrandimento per trovarla. Lo vediamo dai dati delle Casse Edili. Dopo l’ennesima caduta del trimestre ottobre – dicembre 2014 (- 8% ore lavorate – 7% operai – 6% monte salario), nei primi mesi di quest’anno l’emorragia di posti di lavoro segna una lieve frenata, ma di contro scendono ancora le ore lavorate ed il monte salario (- 5% e -4%). Un dato che fa pensare ad una qualità del lavoro sempre più al ribasso e ricattato. Rispetto a sei anni fa siamo quasi al dimezzamento del numero degli operai e delle imprese, addirittura oltre per la massa salari ed i provvedimenti sul mercato del lavoro del governo nel nostro settore si confermano inutili perché, proprio per le caratteristiche contrattuali del lavoro di cantiere, i posti di lavoro recuperati in questi ultimi mesi non dipendono da quel provvedimento ma piuttosto da una parziale emersione del lavoro grigio, dovuta ad adempimenti minimi introdotti a livello contrattuale, ed alla ripresa in attività di lavoratori che hanno fatto ricorso ad ammortizzatori sociali, presumibilmente impiegati in medie imprese.
Ai pochi investimenti e al poco lavoro si aggiunge il troppo tempo, quello per la pensione, che per gli edili è un miraggio. I lavori non sono tutti uguali, perché allora l’età per andare in pensione lo è? Chiediamo di ridurre l’età pensionabile, consentendo uscite flessibili e senza penalizzazioni a chi svolge mansioni pesanti, come gli edili e i cavatori, che per poter avere uno straccio di pensione sono costretti a stare sulle impalcature o in cava fino a 67 anni, con rischi per la vita, come confermano i dati in crescita di infortuni gravi e mortali tra gli over 60. Non solo, ma a questi lavoratori, caratterizzati dalla discontinuità lavorativa, occorre garantire anche ammortizzatori sociali adeguati, con l’aumento di periodi di copertura contributiva.
Non possiamo più aspettare, il governo deve passare dagli annunci ai fatti. Il paese ha bisogno di lavoro e di opere utili, di scelte strategiche e risorse per far partire i cantieri utili, di lavoro buono, imprese regolari. Per questo occorre rafforzare la lotta ad irregolarità, lavoro nero, corruzione. Per questo serve una nuova legge sugli appalti e la revisione della norma sul Durc on-line. Per questo serve rafforzare le regole ed i controlli, a partire da quelli sulla sicurezza, in un settore che drammaticamente sta pagando un tributo di sangue e morti intollerabile”. I segretari generali Fillea Filca Feneal Walter Schiavella, Domenico Pesenti, Vito Panzarella