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E se la polizia toglie gli elmetti e marcia con i manifestanti?

L’Europa scende in piazza contro l’austerità e le politiche di rigore dei governi. In Italia la Cgil ha convocato una mobilitazione di quattro ore e circa 100 manifestazioni in tutto il Paese. E come al solito è scontro, guerriglia tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Scontri a Roma, Torino, Milano, Genova, ovunque. Guerra tra poveri. Una guerra che sta stancando anche le stesse forze dell’ordine costrette a difendere le politiche di governanti che penalizzano anche loro. Proprio questo, evidente e logico malessere, in una dichiarazione del  Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia Franco Maccari, in riferimento alla guerriglia di Napoli in occasione del vertice italo-tedesco dove era presente la Fornero: “Presto la Fornero non potrà più dare per scontato di stare al sicuro quando andrà agli incontri pubblici, a meno che non si organizzi autonomamente i servizi d’ordine privati. Intanto, non ci aspettiamo che il Ministro, oramai famosa per la sua insensibilità al di là delle lacrime finte versate a favore di telecamere, ringrazi pubblicamente gli uomini che oggi hanno impedito che la folla inferocita si accanisse su di lei, né che offra quantomeno un pensiero ai Colleghi rimasti feriti per difendere l’Istituzione che rappresenta, ma chissà se questa ennesima occasione in cui le Forze dell’Ordine sono state bersaglio di rabbia cieca e tentati omicidi servirà per indurla a riflettere. Prossimamente saranno i Ministri a dover accorrere in aiuto dei Tutori dell’Ordine per salvargli la pelle, visto che saranno più giovani e più in forze di loro” ed aggiunge “se in Italia avessero ancora un senso le parole specificità, giustizia sociale e umanità, avrebbero tutto il diritto di stare a casa a godersi i nipotini dopo una vita logorante come la nostra invece che andare a farsi spaccare le ossa?”. Ecco proprio questo ci hanno tolto il senso delle parole.

Vogliono la guerra tra poveri, ma non si rendono conto che sono rimasti solo le forze dell’ordine a difenderli. Non è accettabile che ragazzi con divisa e senza divisa debbano fare la guerra del buono contro il cattivo. Quando i cattivi sono le istituzioni italiane ed europee che ci stanno affondando. E poi si fa presto a dire che sono pochi delinquenti che devono essere isolati. Il problema è la rabbia ormai arrivata oltre il limite. Niente giustifica queste violenze. Ma non è giustificabile non ascoltare le grida di protesta, di disperazione. E continuare a prendere per il culo gli italiani. Si avvicina il giorno in cui  la polizia toglie gli elmetti e marcia al fianco dei manifestanti aprendo loro la strada.

Questo è l’appello a cui hanno aderito centinaia di studentesse e degli studenti per lo sciopero generale europeo. I giovani, il futuro dell’Italia. Un non-futuro. Di fronte ad una situazione disastrosa, a politiche europee, come il Fiscal Compact, che costringono a ridurre i diritti, impoverire il lavoro, distruggere l’istruzione pubblica, gli studenti di questo Paese portano in piazza la necessità di invertire la rotta in cui l’Europa e l’Italia in particolare stanno andando.

Sono uno studente del 2012. La mia scuola è il liceo classico “Cavour”, è l’istituto tecnico “Volta”, è il professionale “Marconi”. La mia scuola cade a pezzi e da anni mi dicono che non ci sono soldi per ristrutturarla. Ogni anno però la mia famiglia spende centinaia di euro per farmi di studiare, anche se non può permetterselo. Se passasse la Legge 953, ex Aprea, verrebbe cancellata la rappresentanza studentesca e aboliti i diritti democratici miei e dei miei compagni di scuola. Scendo in piazza il 14 novembre per bloccare questo progetto di legge e rivendico fondi straordinari per l’edilizia scolastica, una legge quadro nazionale per il diritto allo studio, più borse di studio, il diritto ad una mensa accessibile.

Sono una studentessa universitaria. La mia università è a Roma, a Milano, a Cosenza. Studio lettere, studio ingegneria, studio scienze. Questi sono i luoghi nei quali io mi sento estranea. Non so più a cosa serva la mia università, non avendo nessuna certezza per il futuro, sul lavoro che andrò a fare e nessuna sicurezza per il presente, perché studio in aule sovraffollate, con una didattica sempre peggiore a causa del blocco del turn over, pago tasse sempre più alte, mentre i servizi che ricevo sono sempre più scadenti.

Sono una studentessa e questa didattica non mi piace. Voglio che nella mia scuola e nella mia università studiare non significhi solo apprendere velocemente nozioni. Voglio che le aule siano luoghi di discussione e dibattito. Voglio che i saperi siano liberi e non al servizio del mercato, della fondazione che finanzia la mia scuola e la mia università. Voglio saperi che non discriminano, che parlino di donne e di uomini, di ambiente, di lavoro, che aprano la mente, non voglio saperi che indottrinano e che presentano visioni univoche e assolute delle realtà.

Sono uno studente escluso. Uno di quelli che voleva studiare medicina, ingegneria, lingue. Ma una stupida legge sul “numero chiuso” o le tasse troppo alte mi impediscono di avere il diritto di studiare ciò che voglio. E’ per questo che il 14 novembre voglio liberare il diritto di studiare, abbattendo le barriere all’accesso all’istruzione.

Sono una giovane come tante, ma non posso permettermi di accedere ai luoghi della cultura, so che oggi la scuola e l’università non sono più gli unici luoghi dove apprendere, che si apprende anche al cinema, a teatro, in un museo o leggendo libri. Ed è per questo che manifesto il 14 novembre, perché voglio che l’accesso al sapere sia libero.

Sono uno studente indebitato. Sono un idoneo non vincitore e per pagarmi gli studi ho chiesto un prestito. Dovrò restituire i soldi che ho preso in prestito a tassi elevati non appena avrò un lavoro. Sarò più ricattabile dei miei colleghi e delle mie colleghe, sarò due volte precario. Per questo il 14 novembre scendo in piazza per un reddito per i soggetti in formazione che non mi obblighi ad indebitarmi per studiare.

Sono una studentessa fuorisede, lavoratrice. Lavoro in nero per pagare 300 euro per un posto letto in doppia, senza contratto; spesso lavoro nei fine settimana, a volte d’estate perché gli studi costano troppo e non voglio e non posso pesare sulle spalle della mia famiglia. Manifesto il 14 novembre perchè pretendo una vita dignitosa, un diritto all’abitare realmente garantito.

Sono un pendolare. Per studiare sono costretto a spendere centinaia di euro l’anno per raggiungere la mia scuola o la mia università. Nessuna legge tutela la mia condizione per garantirmi l’abbassamento del costo dei trasporti. E’ per questo che voglio manifestare il 14 novembre.

Sono uno studente fuoricorso, ma non me ne vergogno. Lavoro per studiare, prendo i miei tempi per apprendere e non credo che studiare sia una gara contro gli altri studenti, ma un mio percorso di crescita individuale, che non lede in nessun modo quello degli altri. Scendo in piazza il 14 novembre perché sono contro chi vuole alzare le tasse ai fuoricorso definendoli un costo sociale, riversando su di loro le cause dell’inefficienza del sistema universitario.

Sono uno studente omosessuale, una giovane  migrante, una ragazza  madre. Sono discriminato/a per la mia storia, il mio orientamento sessuale e le mie passioni. Vorrei che le scuole e le università fossero un luogo di incontro, in cui ognuno possa essere se stesso, arricchire e essere arricchiti dagli altri; un luogo dove costruire l’uguglianza di genere e per uscire da questa società patriarcale ed eteronormotiva.

Sono uno studente di Taranto, Iglesias, Mirafiori. Mi hanno detto che per continuare ad avere lavoro sul mio territorio dovevamo sacrificare i diritti: quello al salario dignitoso, quello alla salute, quello alle pause. Voglio che nella mia università si studino modelli alternativi di mobilità,  e modelli per produrre acciaio o carbone garantendo diritti, lavoro e salute. Il mio sapere è un’opportunità per il mio territorio, per questo il 14 novembre lotterò per maggiori investimenti in ricerca e innovazione, per un lavoro dignitoso e la salute dei cittadini e delle cittadine e per il rispetto dell’ambiente.

Non sono uno studente ma desidero studiare con tutto me stesso. Ho deciso di andare a fare l’apprendista per prendermi il diploma guadagnandomi da vivere. Mi avevano detto che avrei imparato come a scuola, ma ho dovuto lavorare incessantemente. E’ per questo che anch’io manifesto il 14 novembre, perché anche per me studiare sia un diritto.

Sono un neet, uno dei  giovani  tra i 15 e i 29 anni che “né studia e né lavora” , sono una disoccupata neolaureata e faccio parte del 36% di giovani italiani che non riesce a trovare un lavoro.

Ci chiamano “choosy” perchè non ci accontentiamo del lavoro, precario, sottopagato che ci propongono. Ma spesso non troviamo nemmeno quello. Qui in Italia docenti, ministri, amici mi dicono di andare all’estero per non dover continuare a pagare le conseguenze di questa crisi.

Eppure io voglio restare per cambiare questo paese, voglio riconquistare il mio presente per liberare il mio futuro tenuto in ostaggio dalla precarietà. Per questo il 14 novembre lotto contro l’attacco ai diritti dei lavoratori, per un reddito, per l’articolo 18 e i miei diritti, i diritti dei miei genitori, dei miei fratelli.

Sono una studentessa italiana, sono uno studente greco, sono una studentessa spagnola, sono uno studente portoghese. Per uscire dalla crisi il mio governo sta smantellando il welfare e i diritti: tagli ai fondi per le scuole, le università, la ricerca, tagli ai sussidi di disoccupazione ai miei genitori e la sanità alla mia famiglia. Nonostante ciò la condizione di tutti è peggiorata e non siamo usciti dalla crisi. La disuccupazione giovanile in Europa è aumentata al 22% .  Io sono una risorsa per l’Europa, per questo voglio che ciò che apprendo a scuola e all’università sia un’opportunità per uscire dalla crisi. Per questo anche io sarò in piazza il 14 Novembre nel mio paese in occasione dello sciopero generale europeo, per lottare per il mio presente e per il mio futuro, insieme ai miei coetanei e le lavoratrici e i  lavoratori europei.

Sono uno, nessuno e centomila. Ho mille facce, ma rappresento una sola condizione.

Per questo che scendo in piazza il 14 novembre, in occasione dello sciopero generale in Italia, Spagna, Portogallo, Grecia contro le politiche di austerity dell’Unione Europea, contro un’Europa senza democrazia e governata dai poteri forti.

Scendo in piazza perchè voglio costruire, insieme a chi si sta mobilitando negli altri paesi, un’idea d’Europa differente, inclusiva, giusta ed eguale a che metta al centro i saperi, il welfare, i diritti  e il futuro delle persone.

E’ per questo che organizzo giornate di partecipazione e mobilitazione studentesca verso il 17 novembre, giornata Internazionale delle studentesse e degli studenti.

Faccio questo perché cambiare la scuola e l’università, significa cambiare l’Europa e la società tutta.

Uno studente, una studentessa

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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