Nel gioco d’azzardo le vittime sono di ogni fascia di età, dal giovane all’anziano. Ben 17 milioni di persone nel nostro paese hanno giocato almeno una volta nella loro vita; la maggior parte di questi ricorre al lotto istantaneo e ai gratta e vinci; il 14,6% dei giocatori è a rischio dipendenza e diverse centinaia di migliaia sono i giocatori “problematici”. Giocano d’azzardo anche i ragazzi tra i 15 e i 17 anni, principalmente attraverso scommesse sportive e soprattutto usando i telefoni cellulari.
Uno studio del Cnr, ripreso da La Stampa, ha mappato la l’algritmo della dopamina (il neurotrasmettitore che produce il desiderio) ritrovando una sequenza identica a quella attivata dal gioco d’azzardo, basata sulla gratificazione ad altissima frequnza alternata alla frustrazione. Le macchinette sono costruite per creare dipendenza.
Sono processi dissociativi che le concessionarie pubbliche dei giochi conoscono bene e sanno come alimentare. Per esempio la maggior parte delle 418.210 slot machine e delle 52.349 videolottery è sistemata in angoli bui, in sale senza finestre, dove il senso del tempo non esiste. E se non esiste il tempo non esiste neppure la vita reale. Lucine, campanelli, fumetti fosforescenti, sfingi, odalische, tintinnare di monete, oscurità, solitudine. “Un sacco di gente ha voglia di scappare dalla vita reale e se non ci fosse uno spazio interno disponibile, la dipendenza non si creerebbe, ma quello che lo Stato consente di fare con il gioco d’azzardo, contando sulla fragilità di centinaia di migliaia di persone, è orribile”, dice lo psichiatra Federico Tonioni, esperto di dipendenze del Policlinico Gemelli di Roma.
Il gioco può essere un semplice e più che legittimo svago, ma anche diventare un’idea fissa, distruttiva. È la differenza tra chi beve un bicchiere di vino e chi si scola una bottiglia.