In Italia l’anno scorso sono state immessi sul mercato 3 milioni di kg di cannabis, tra hashish, marijuana e piantine. Quantità che soddisfa una domanda di mercato di dimensioni gigantesche. Un picco che appare altamente dimostrativo della sempre più capillare diffusione di questo stupefacente. Tradotto in spinelli, fanno 200 per ciascun italiano (25/50 grammi procapite). Duecento canne a testa, vecchi e bambini compresi. Parliamo dunque di qualcosa come 10 miliardi di dosi, o canne, commercializzate ogni anno nel nostro Paese. E questo, si legge nella relazione annuale 2014 della Direzione nazionale Antimafia, guidata da Franco Roberti, nonostante siano impiegate “enormi risorse umane e materiali” per contrastare il fenomeno.
Nel periodo preso in esame dalla Dna, dal 1.7.2013 al 30.6.2014, si registra un significativo aumento dei sequestri di cannabis, un picco di incremento di oltre il 120%. In particolare: kg 147.132 di cannabis ( di cui 109.000 di hashish, 37.151 di marijuana, 900 di piante). Il quantitativo sequestrato è di almeno 10/20 volte inferiore a quello consumato. Nel nostro Paese, in un anno appena, la quantità di hashish e marijuana che c’è in giro è assai più che raddoppiata.
Nelle oltre 700 pagine, la relazione, ammette il fallimento della repressione del mercato illegale di cannabinoidi e la secca apertura alla depenalizzazione del loro consumo: “con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso globale”. Poi l’ammissione di sostanziale fallimento: “Di fronte a numeri come quelli appena visti, e senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o anti-proibizionista che sia, si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva”.
Soluzione? La depenalizzazione: “Davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia, tenendo conto del fatto che, nel bilanciamento di contrapposti interessi, si dovranno tenere presenti, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente) più idonee a garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite”.
A questo punto, cosa si aspetta? In Italia ormai la cannabis è diffusa come il vino, i superalcolici e le sigarette e quindi tanto varrebbe prenderne atto e cambiare strategia. In un sol colpo permetteremmo allo Stato di risparmiare risorse umane e tecnologiche e di controllare la legalità di un prodotto che potrebbe dare un’entrata in imposte di 5 miliardi di euro l’anno.