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Distruggere le Università Pubbliche in 12 mosse

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Per distruggere l’università pubblica è importante:

  1. Denigrare l’istruzione pubblica, e le istituzioni pubbliche in generale, come [un sistema che] drena alla ricchezza privata e ai “creatori di lavoro”, fino al punto in cui nessuno si azzardi a chiederne un aumento del sostegno [finanziario]. Questo assicurerà che le università pubbliche siano relegate a uno status di secondo livello con strutture inferiori e che abbiano moltissimi membri di facoltà assunti come part-time, e avranno per sempre una stigmate negativa posta su di loro in relazione alle università private.
  2. Avvantaggiarsi delle crisi economiche per istigare “l’indignazione dei contribuenti” al fine di rimuovere il sostegno alle università pubbliche così che queste debbano o alzare le rette o tagliare i loro programmi. Dopodiché condannare quelle istituzioni per aver aumentato le rette allo scopo di sostenere professori pigri e socialisti che insegnano materie irrilevanti come l’antropologia e la filosofia.
  3. Man mano che lo Stato arretra, si incoraggi il sistema dei prestiti studenteschi che creerà un “mercato dell’istruzione superiore”. Addossare agli studenti debiti enormi li renderà consumatori razionali e intraprendenti di prodotti educativi e li incoraggerà a salvaguardare i loro interessi economici. Ci si riferisca a questi cambiamenti come “conferimento del potere agli studenti.”
  4. Introdurre nuove tattiche di gestione pubblica prese a prestito dalla teoria dell’interesse pubblico per lottare contro il controllo del sistema di governo delle facoltà. Comunque, per reprimere il malcontento dilagante, tenere a bada il senato delle università [facendolo passare] per una “casella suggerimenti” gigantesca e irrilevante. Assicurarsi di sostenere l’importanza della governance condivisa al fine di introdurre queste tattiche. Etichettare il cinismo nelle facoltà, che indubitabilmente emergerà, come “consenso.”
  5. Mettere in atto vari “strumenti di controllo”, come le valutazioni della qualità, le “matrici di prodotto”, o i meccanismi di revisione dei conti, per assicurare la “trasparenza” e la “responsabilità” verso gli “investitori.” Si potrebbero provare a usare ricerche valutative come quelle [adottate] in Gran Bretagna o in Australia, o più economiche e grezze misurazioni come quelle della Texas A&M, per mezzo della semplice pubblicazione delle analisi di costi/benefici dei membri della facoltà. Se si dovessero finire le idee, contattare la Texas Public Policy Foundation.
  6. Aumentare la dipendenza dai professori part-time, e dei contratti annuali per insegnare, nella maggior parte dei corsi. Quei professori sono vulnerabili e propensi al controllo amministrativo (si dovrebbe anche aumentare drasticamente il numero degli amministratori al fine di gestire quei professionisti senza tutele1). Successivamente, criticare la qualità dei laureati. Questo renderà possibile ancora maggiori controlli e valutazioni.
  7. Strillare contro gli alti costi dell’istruzione superiore e l’aumento delle rette. Incolpare degli aumenti i professori avidi e strapagati piuttosto che la riduzione del sostegno statale, la tecno-gadget mania promossa dal business dell’educazione, o il gonfiarsi dei costi amministrativi causati dall’aumento delle pratiche di controllo e di valutazione.
  8. Promuovere uno stretto professionalesimo e le aree STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) per mostrare che si è in accordo con la domanda della nuova “economia della conoscenza” e che non saranno più tollerati tronfi ed inutili soggetti come la Storia o la Letteratura. Se gli studenti sono interessati a quegli argomenti, possono darsi alle rievocazioni storiche o iscriversi ad un circolo letterario. Queste aree sono superflue nella nuova e pragmatica era del determinismo economico e della competizione globale.
  9. Limitare i diritti contrattuali dei professori che ancora si “avvinghiano alla collettività” e necessitano di essere forzati ad affrontare l’alba di un nuovo giorno. Alla fine, vi ringrazieranno per l’autonomia, la libertà e le nuove opportunità che gli avrete portato.
  10. Introdurre consulenti esterni come Bain & Company o McKinsey & Company per convincere i consigli di amministrazione dell’urgente necessità di “un’innovazione distruttrice” o altre idee patrocinate dai guru della Harvard Business School. Quelli potrebbero essere slogan senza sostanza, ma nessuno ci farà caso, specialmente se i consulenti avranno colorate presentazioni di Power Point.
  11. Introdurre un modello educativo “basato sulle competenze” che permetta agli studenti di scavalcare i requisiti tradizionali delle università. I requisiti delle vecchie facoltà umanistiche sono d’intralcio agli studenti consumatori carichi di cellulari. Se i professori protestano, affermare semplicemente che nessuno, se non un incompetente, potrebbe opporsi alle competenze.
  12. Infine, usare le razioni pubbliche e le campagne pubblicitarie per dirottare l’attenzione dalle nauseanti conseguenze di tutte queste riforme. Un sito internet che mostri persone felici che fanno grandi cose è perfettamente adatto. Questa è, dopotutto, l’era post-moderna. Spettacolo e immagine  sconfiggono la sostanza.

*Steven Ward è professore di sociology alla Western Connecticut State University. E’ autore del libro Neoliberalism and the Global Restructuring of Knowledge and Education (Routledge Advances in Sociology).

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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