0

Dal 1991 al 2012 sciolti 229 comuni per infiltrazioni mafiose

Consigli-comunali-sciolti-per-mafia

Dal mese di maggio 1991 al 31 dicembre 2012 i governi che si sono succeduti alla guida del Paese hanno emesso ben 229 provvedimenti di scioglimento di consigli comunali per infiltrazioni e/o condizionamenti di tipo mafioso. L’esperienza di questi ventuno anni ha dimostrato quanto il fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata negli enti locali sia radicato ed esteso e come lo stesso sia riuscito a diffondere tra i cittadini la percezione del predominio mafioso.

Le indicate cifre rappresentano in tutta la loro interezza la dimensione di un fenomeno cospicuo ed allarmante e che fa emergere con estrema chiarezza come nelle realtà amministrative locali si annidano i luoghi ove corruzione, minacce e violenza condizionano ed influenzano le pubbliche decisioni. 

La distribuzione geografica dei 229 decreti di scioglimento vede in prima fila le Regioni meridionali, che fino all’anno 1995 hanno assorbito la totalità dei provvedimenti. A Calabria, Campania (i primi comuni sciolti furono, con D.P.R. del 2 agosto 1991, Taurianova in provincia di Reggio Calabria e Casandrino in provincia di Napoli), Sicilia e Puglia, nel 1994 si aggiunge la Basilicata, in quanto con D.P.R. del 26 gennaio viene sciolto il Consiglio comunale di Montalbano Jonico, in provincia di Matera.

Questa egemonia del Meridione si interrompe nel 1995, quando con D.P.R. del 2 maggio viene sciolto il Consiglio comunale di Bardonecchia (TO). Negli anni successivi, sino al 2011, con la sola eccezione del 2005, quando con D.P.R. del 13 dicembre, il Consiglio dei Ministri delibera lo scioglimento dell’Amministrazione comunale di Nettuno (Roma), vengono interessate dai provvedimenti di scioglimento soltanto le regioni Calabria, Campania e Sicilia.

Nell’ultimo biennio si assiste, invece, ad un notevole cambio di tendenza, tra i 30 provvedimenti emessi, il 13,3 per cento di essi vede coinvolte quattro amministrazioni del Settentrione. I quattro consigli comunali sciolti sono due liguri, Bordighera, il provvedimento è stato successivamente annullato dal Consiglio di Stato, e Ventimiglia, in provincia di Imperia e due piemontesi, Leinì e Riolo Canavese in provincia di Torino.

Esaminando i dati disaggregati per regione si osserva che il primo posto è occupato dalla Campania, con 91 amministrazioni comunali sciolte, seguita dalla Calabria con 63, dalla Sicilia con 61, dalla Puglia con 7, dal Piemonte con 3 e dalla Liguria con 2, chiudono il Lazio e la Basilicata con un solo provvedimento.

Le province di Napoli, Reggio Calabria, Caserta e Palermo sono le più colpite da provvedimenti di scioglimento. Per dare un’idea della rilevanza del fenomeno delle infiltrazioni mafiose in queste province, basti pensare che su un totale di 375 comuni, ben 140 sono stati raggiunti da un provvedimento di scioglimento per infiltrazioni mafiose, raggiungendo un dato percentuale intorno al 37%.

I dati aiutano ad evidenziare come le infiltrazioni mafiose nei governi locali non siano un fenomeno marginale o da sottovalutare. Al contrario, in alcune aree, purtroppo molto estese del nostro Paese, il condizionamento delle amministrazioni locali da parte dei gruppi criminali sembra essere il modo ordinario del funzionamento della politica. 

Nell’attuale legislatura (29 aprile 2008 – 31 dicembre 2012) sono stati sciolti 49 consigli comunali: la Calabria e` stata interessata da 24 provvedimenti, a fronte dei 12 della Campania, dei 9 della Sicilia e dei due provvedimenti a testa che hanno raggiunto consigli comunali delle regioni Liguria e Piemonte.

Dall’esame dei dati emergono, in particolare, due elementi di rilievo rispetto agli anni precedenti.

Il primo elemento è rappresentato dallo scioglimento, in soli 14 mesi, di quattro consigli comunali del Nord Italia. La circostanza assume maggior rilievo se si pensa che nei venti anni precedenti nelle regioni settentrionali era stata sciolta per infiltrazioni mafiose solamente l’Amministrazione comunale di Bardonecchia (TO). Questo dato rappresenta, soprattutto, una sorta di conferma di come le organizzazioni criminali non considerino le regioni del Nord solo un luogo di transito occasionale per i propri affari, bensì una sorta di luogo non secondario nella articolazione e gestione del proprio potere in ambito nazionale.

Il secondo elemento, riguarda la conferma del potere assunto in quest’ultimi anni dalla ’ndrangheta rispetto alle altre organizzazioni mafiose. A testimonianza di ciò, si può osservare come nel periodo preso ad esame gli scioglimenti che hanno interessato la Calabria si siano attestati prepotentemente in testa alla classifica con 24 provvedimenti. Un numero destinato a salire a 28 se si aggiungono i quattro comuni del Nord Italia, Bordighera, poi annullato dal Consiglio di Stato, e Ventimiglia, in provincia di Imperia, e Leinì e Rivarolo Ticinese, in provincia di Torino, dove a condizionare la politica locale è sempre stata la ’ndrangheta. 

Anche durante l’attuale legislatura si è assistito, da parte degli amministratori raggiunti da provvedimenti di «scioglimento», ad un diffuso ricorso al Giudice amministrativo, pertanto non appare fuori luogo ricordare che il Consiglio di Stato ha riconosciuto che la natura del provvedimento di scioglimento, ovviamente di carattere straordinario, non è di tipo sanzionatorio, ma preventivo. Questo comporta che quale presupposto per lo scioglimento si richieda solo la presenza di “elementi” su “collegamenti” o “forme di condizionamento” che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto fra gli amministratori e la criminalità organizzata, che non devono necessariamente concretarsi in situazioni di accertata volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, nè in forme di responsabilità personali, anche penali, degli amministratori.

In particolare a parere del Consiglio di Stato, lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non esige nè la prova della commissione di reati da parte degli amministratori, nè che i collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali risultino da prove inconfutabili; sono sufficienti, invece, semplici “elementi” (e quindi circostanze di fatto anche non assurgenti al rango di prova piena) di un collegamento e/o influenza tra l’amministrazione e i sodalizi criminali, ovvero è sufficiente che gli elementi raccolti e valutati siano “indicativi” di un condizionamento dell’attività degli organi amministrativi e che tale condizionamento sia riconducibile all’influenza ed all’ascendente esercitati da gruppi di criminalità organizzata.

(Fonte Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia)


I nuovi boss. Mafia, ‘ndrangheta e camorra. Come sono cambiate Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra negli ultimi anni, dopo arresti importanti che ne hanno decapitato i vertici? Esistono ancora i boss o il fenomeno mafioso si è frammentato in mille realtà locali che controllano solo piccole parti del territorio? O, viceversa, è diventato globale, allungando i suoi tentacoli ben al di là dell’Italia? E chi sono oggi i capi delle cosche? 

Condividi:

Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.