Che cos’è la democrazia? Una domanda di grande attualità che riecheggia dai tempi degli antichi greci, la cui lingua ha dato origine alla parola.
La definizione da dizionario recita più o meno che “nella democrazia il potere supremo spetta al popolo, che lo esercita direttamente o tramite dei rappresentanti eletti secondo un sistema elettorale libero”.
Abraham Lincoln definisce la democrazia “un governo del popolo, dal popolo e per il popolo”. Secondo il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, la democrazia è il lavorìo continuo di distruzione delle oligarchie (o delle caste) che governano il paese, per favorirne la sostituzione e il rinnovamento.
La democrazia secondo Schumpeter
Joseph Alois Schumpeter, uno dei più famosi economisti del XX secolo, alla domanda “che cos’è la democrazia?” diede una risposta fondamentale:
“È puro mito la ‘dottrina classica’ della democrazia, secondo la quale il metodo democratico è quell’insieme di accorgimenti istituzionali per giungere a decisioni politiche, che realizza il bene comune permettendo alla stesso popolo di decidere attraverso l’elezione di singoli individui tenuti a riunirsi per esprimere la sua volontà”.
Ma quale volontà generale? Ma quale bene comune? Tutta mitologia secentesca. Il bene comune non esiste.
Altre risorse: Il potere invisibile uccide la democrazia
La democrazia è un “metodo”
La definizione di democrazia di Schumpeter come leadership concorrenziale ha prodotto, come è noto, una vera e propria scuola di pensiero e ha contribuito in modo determinante a precisare ciò che oggi in occidente si intende per democrazia.
Schumpeter ha considerato le elezioni come un mercato dove, in senso sociologico, si commercia sul voto:
“La democrazia non significa, ne può significare, che il popolo governi realmente in una qualunque delle accezioni normali dei termini popolo e governo. La democrazia significa soltanto che il popolo ha l’opportunità di accettare o rifiutare gli uomini che dovranno governarlo…”.
La democrazia è quindi un “metodo politico” cioè un dispositivo istituzionale per giungere a decisioni politiche attribuendo a determinati individui il potere di decidere su tutti i problemi. Un potere che deriva loro dall’aver ottenuto il voto del popolo, il quale gode nell’affidare il potere al turpe.
Secondo Schumpeter al cittadino compete votare e poi togliersi dalle scatole. Come si vede siamo ben lontani dalle idee di partecipazione e di rappresentanza che avevano costituito i concetti portanti della teoria democratica.
L’imprenditore politico
Il leader politico non altri che un “imprenditore politico”:
“In realtà il popolo non solleva né decide nessun problema, ma i problemi da cui il suo destino dipende sono normalmente sollevati e decisi per lui.. Gli elettori non solo non definiscono le fondamentali questioni di politiche del tempo, ma anche la scelta dei candidati è limitata dalla rosa di persone proposte loro dai partiti…
Questi anche se differiscono in alcuni dettagli hanno piattaforme analoghe, perché sono macchine per vincere le elezioni, ed è stato necessario costruire queste macchine perché i cittadini comuni non sono in grado di coordinare le loro attività politiche…
Partito e uomini politici di partito sono semplicemente la risposta all’incapacità della massa elettorale di agire di propria iniziativa, e rappresentano un tentativo di regolare la competizione politica esattamente simile alle pratiche di associazioni fra commercianti o industriali intese a regolare la concorrenza economica. La psicotecnica della direzione di partito e la pubblicità di partito, gli slogan e le marce, sono elementi non accessori ma essenziali della vita politica, lo stesso vale per il politico di professione il political boss”.
Altre risorse: La teoria della classe politica
Conclusioni
Quindi, che cos’è la Democrazia? La democrazia per Schumpeter sarebbe, insomma, prima di tutto un metodo. Una procedura attraverso la quale i cittadini possono ogni 4 o 5 anni scegliere, sulla base dell’offerta data, chi li governa.
Ad ogni elezione, se soddisfatti dell’operato dei propri eletti continueranno a votarli, se insoddisfatti delle decisioni prese o se convinti maggiormente da qualcun altro potranno cambiare e dare il proprio voto ad altri. Altroché “un governo del popolo, dal popolo e per il popolo”.
Dal 1942 a oggi nessuno ha mai messo in dubbio questa affermazione. È davvero così?