Quella della ceramica italiana è una storia esemplare che mette assieme leadership del mercato globale, con circa 400 milioni di metri quadrati di piastrelle prodotte all’anno e una quota export dell’80%, innovazione e sostenibilità ambientale. Nei suoi sessant’anni di storia, il settore si è caratterizzato per una costante ricerca di prodotti e processi produttivi sempre più efficienti, arrivando al reimpiego della maggior parte dei propri scarti, riducendo in modo significativo i prelievi di acqua e le emissioni, consumando energia in modo più efficiente e confermando un impegno di responsabilità sociale verso le persone e i territori. Ci sono i numeri a dimostrare la portata di questa rivoluzione verde. L’investimento della filiera in operazioni “green” è pari a 450milioni di euro (il 10% del fatturato annuo complessivo del settore che ammonta a 4,5 miliardi di euro101). Dal 1998 al 2009, le emissioni di piombo, fluoro e polveri, a valle degli impianti di depurazione, sono diminuite di circa il 65%: un livello di eccellenza che raggiunge prestazioni anche migliori degli standard europei dell’ecolabel, determinando una performance ambientale che tiene l’Italia un passo avanti rispetto alla concorrenza degli altri Paesi. Il 90% delle emissioni di piombo e fluoro e il 99% delle emissioni di polveri è abbattuto dagli impianti di depurazione. Negli anni, inoltre, sono state realizzate una serie di azioni finalizzate a ridurre l’inquinamento a monte del processo produttivo, tra cui l’utilizzo di materie prime atossiche e il ricorso all’innovazione tecnologica e impiantistica. Rispetto al 1980, la produzione è raddoppiata, ma i consumi energetici si sono dimezzati, grazie a una serie di misure: l’introduzione di forni monostrato, il ricorso a cicli produttivi monocottura, il recupero dell’energia termica dagli impianti e dai fumi tramite sistemi di scambiatori aria-aria, l’utilizzo di impianti di cogenerazione (produzione combinata di energia elettrica e calore che fornisce il 27% dell’elettricità utilizzata dal settore), la produzione di energia da fonti rinnovabili, la razionalizzazione dei consumi energetici, la realizzazione di una banca dati di settore sui consumi energetici. Grazie a questi interventi, oggi, per produrre una tonnellata di piastrelle, il settore consuma meno della metà dell’energia utilizzata negli anni Ottanta. L’innovazione legata all’impiantistica è senza dubbio quella che ha prodotto i maggiori risultati in termini di risparmio energetico.
Esempi di aziende e progetti Green
La Sacmi Forni ha lanciato sul mercato EcoKiln, una tecnologia innovativa, oggi in funzione presso un’importante azienda ceramica del distretto sassolese, che ha cambiato il modo di cuocere le piastrelle in ceramica, assicurando una gestione completamente automatizzata, con una riduzione dei consumi e delle emissioni. Si tratta del primo forno a lunghezza variabile della storia delle macchine per la ceramica. In sostanza, con Eko Kiln, i flussi di calore non attraversano longitudinalmente, in controcorrente, il canale di cottura, ma entrano trasversalmente in tante celle termiche modulari. Il risultato è la possibilità di “ridisegnare” il profilo termico del forno su un numero inferiore di celle, disattivando, volta per volta, quelle non necessarie. In altre parole, è come disporre di un forno a lunghezza variabile, nel quale si mantiene costante il consumo specifico, anche nel caso in cui diminuiscano i volumi produttivi effettivamente in cottura, con conseguente riduzione del consumo di combustibile. Una risposta alle esigenze di contenimento dei costi economici e ambientali, fatta propria da una pluralità di imprese ceramiche italiane.
A differenza di altri settori industriali, quello delle ceramica è in grado di riassorbire la maggior parte dei rifiuti di produzione: gli scarti solidi riutilizzati coprono il 12% degli input di materie prime minerali. Quest’attività di recupero dei rifiuti avviene non solo all’interno delle aziende, ma anche come scambio fra le stesse, secondo l’approccio cradle to cradle. La Cooperativa Ceramica d’Imola, ad esempio, produce il proprio gres porcellanato con un impasto che unisce, alle miscele tradizionali, materiale derivante dal recupero degli sfridi e dei residui di depurazione. Nello specifico, questa linea di prodotti, lanciata sul mercato con il marchio Biogres, ha le seguenti caratteristiche distintive: riutilizzo del 100% degli scarti crudi, con riduzione dell’uso di nuove materie prime e salvaguardia delle risorse naturali; riutilizzo del 100% delle acque di processo e conseguente riduzione del fabbisogno idrico, riciclo del 100% degli scarti cotti, recupero del 100% dei residui di depurazione, riduzione del 20% dei consumi energetici, diminuzione del 15% delle emissioni di CO2, assenza di sostanze organiche volatili, contenimento delle emissioni in atmosfera, molto inferiori ai limiti ambientali richiesti dalla legislazione italiana. La demolizione delle piastrelle conclude il ciclo di vita del prodotto ceramico. I detriti che ne risultano, per natura inerti, vengono da sempre impiegati in altri settori, in primis l’edilizia.
Ecocer è invece un progetto a cui sta lavorando l’azienda Cottafava allo scopo di riciclare completamente i rifiuti derivanti dalla produzione delle piastrelle ceramiche o dalle demolizioni, attraverso processi ad elevata efficienza energetica e senza fare uso di risorse naturali, come ad esempio l’acqua. Il tutto per ottenere inerti di alta qualità adatti alla produzione di asfalto-cemento, in grado di sostituire completamente la pietra naturale attualmente utilizzata, con un ulteriore vantaggio in termini di riduzione del consumo di risorse naturali e non rinnovabili. Il nuovo impianto che verrà realizzato grazie al progetto permetterà di produrre fino a 400 m3 di inerte al giorno, riciclando al 100% il materiale di scarto in ingresso. I benefici attesi a fronte di tale capacità produttiva sono: possibilità di riciclare fino a 960 tonnellate di rifiuti ceramici al giorno; produzione di aggregati per asfalto-cemento ad elevate prestazioni; nessun uso di acqua o risorse naturali; minor consumo di energia elettrica rispetto alla macinazione di pietre e ghiaia (-75%); costi paragonabili o inferiori ai tradizionali materiali inerti di origine naturale.
Un’altra delle innovazioni di questi ultimi anni è quella che ha portato alla realizzazione di piastrelle sottilissime. Proposti qualche anno fa da un ristretto numero di pionieristiche aziende, questi modelli si trovano oggi nei cataloghi di quasi tutte le principali imprese del settore, declinate in diverse forme e interpretazioni estetiche. Si tratta di lastre con uno spessore di 3-5 millimetri, molto inferiore rispetto a quella standard di 8 millimetri: una differenza tecnica che amplia l’uso e le possibili applicazioni della ceramica, con innumerevoli vantaggi. La leggerezza, prima di tutto, che rende le piastrelle particolarmente indicate per rivestimenti in edifici con specifiche esigenze di contenimento del peso. Ma anche duttilità nel taglio e nella lavorazione, versatilità e flessibilità, in cambio di prestazioni analoghe (resistenza, durabilità, facilità di manutenzione) a quelle delle lastre tradizionali. Lo spessore ridotto rende questi prodotti particolarmente indicati nelle ristrutturazioni, per rivestire superfici senza dover eliminare il materiale preesistente. E poi c’è l’aspetto della sostenibilità, ambientale ed economica: le ceramiche sottili sono più facili da trasportare, da posare e da smaltire e si prestano bene a essere utilizzate nelle nuove costruzioni che prevedono “cappotti” per l’isolamento termico degli edifici, in alternativa a soluzioni come l’intonaco o la pittura. Non solo. Rispetto ai prodotti di spessore standard, comportano minori costi di produzione, perché dimezzano la quantità di materie prime da usare e riducono i consumi di acqua ed energia. Nonostante l’alto contenuto di innovazione tecnologica, il prezzo (dai 40 ai 100-200 euro al mq) è analogo a quello dei prodotti tradizionali. In futuro, la piastrella diventerà sempre più sottile, pur mantenendo intatte le sue proprietà, e tenderà a farsi più grande, in modo da formare sui pavimenti un reticolo meno serrato. In questo ambito, una delle aziende pioniere è Panariagroup, titolare del completo know- how per produrre le grandi lastre sottili attraverso la tecnologia gres laminato, che permette di ottenere lastre 100x300x0.3 mm, un formato che apre nuove prospettive progettuali nel mondo dell’architettura e del design.
Brevetti
Nel periodo 2007-2011, l’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) ha pubblicato 1845 domande di brevetto europeo riconducibili a tecnologie green nel settore ceramico. L’Italia, con 77 brevetti presentati, detiene il 4,2% di queste richieste, posizionandosi alle spalle di Germania e Francia. Il Nord-Est guida la produzione brevettuale in Italia con una quota del 52,8%, grazie al significativo contributo dell’Emilia Romagna che, da sola, copre il 32,7% delle domande di brevetto. La Lombardia e il Veneto, rispettivamente con il 22,7% e il 17,5% delle richieste, seguono la regione emiliana. Alle richieste di brevetto hanno contribuito 47 imprese che, complessivamente, ne detengono l’83,3%. Gli Enti di ricerca e le Università contribuiscono per il 7,1%. Le tecnologie brevettate rientrano nelle categorie: particelle fotocatalitiche, materiali compositi, matrici ceramiche, rivestimento ceramico, metodi di produzione di piastrelle ceramiche, sanitari a basso consumo d’acqua, riciclo dell’acqua.
Il comparto è inoltre impegnato nel garantire la qualità del prodotto, anche dal punto di vista ambientale, con l’introduzione di un apposito marchio, il Ceramics of Italy, che si applica alle piastrelle prodotte interamente in fabbriche italiane secondo determinati criteri, fra cui la tutela e la salvaguardia della salubrità nei posti di lavoro, la completa eliminazione di ogni materiale che possa risultare tossico, la costante attenzione al tema della responsabilità sociale di impresa. Questa scelta ha un valore strategico: tutelare il vero made in Italy, quello nato dalle maestranze e dalle fabbriche italiane, e rispondere ai bisogni di trasparenza del consumatore, oggi sempre più attento alle caratteristiche di eco-sostenibilità dei prodotti. L’industria ceramica italiana è, inoltre, la protagonista del Festival della Green Economy di Distretto, giunto quest’anno alla seconda edizione. L’evento, che per il nostro Paese rappresenta la manifestazione più significativa in tema di economia verde di distretto, è promosso da Confindustria Ceramica e dagli otto Comuni del distretto ceramico emiliano, con il patrocinio dell’Unione Europea e del Ministero dell’Ambiente. L’obiettivo dell’iniziativa è fornire un momento di riflessione sulle opportunità offerte dalla green economy per il Distretto Ceramico Italiano, sia sotto l’aspetto più prettamente istituzionale che socio-economico. Le buone pratiche ambientali, opportunamente applicate alle economie di distretto, possono rappresentare, infatti, un valido strumento di rilancio per le imprese, i territori e le aree più colpite dalla crisi economica e dal recente sisma, con conseguente beneficio per le comunità locali.