Serie A fallita: Un crac da 365 milioni

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Perdite totali club di Serie A 2015: 365 milioni nel 2014-­15, nel 2013-­14 erano 220. Si tratta del passivo complessivo record dal 2005-2006 a oggi. In dieci anni bruciati più di 2 miliardi. Lo riporta La Gazzetta dello sport in una ampia inchiesta in cui affronta lo stato di salute delle varie società. Un sistema sempre più malato tra crisi di liquidità, antichi vizi, società indebitate e che dipendono dalle banche.

Dodici società su diciannove, Parma escluso, hanno chiuso l’ultimo bilancio in rosso. A guidare la classifica poco virtuosa dei bilanci in rosso c’è l’Inter di Thohir (-140,4 milioni). Il Milan ha chiuso al 31 dicembre 2014 con -91,3. Poi Roma (-41,3), Fiorentina (-37) e Genoa (-26,1). Il Napoli è in rosso per la prima volta dopo otto anni.

“Gli altri corrono, crescono a ritmi vertiginosi, spendono e spandono; noi ci siamo avvitati in un sistema immobile e opaco, refrattario ai grandi capitali esteri come del resto il Paese, e nel maldestro tentativo di rimontare abbiamo perso la bussola” si legge nell’articolo che fotografa una situazione nota.

La FIGC è preoccupata in vista del Fair Play Nazionale che dal 2018-19 imporrà il pareggio di bilancio. Chi non riuscisse a farcela vedrebbe porsi scenari inquietanti: o ricapitalizzazione o cessione di giocatori oppure, dal 2017, blocco del calciomercato e diniego dell’iscrizione alla Serie A.

La domanda nasce spontanea: perché il Parma è fallito e l’Inter e il Milan no?

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Tramadolo, il doping “legale” dei ciclisti

doping ciclismo

Si chiama tramadolo cloridrato ed è il principio attivo di un potente antidolorifico (in Italia venduto sotto il nome di Contramal) che nel ciclismo (come nel calcio e nel rugby) sta diventando un vero problema di salute. Lo scopo? Combattere, anestetizzandolo invece che imparando a sopportarlo, il dolore.

Il problema è che il tramadolo è un derivato oppioide, ma non inserito nella categoria degli stupefacenti. E degli oppiacei può avere anche alcuni effetti collaterali: tremori nervosi, attacchi epilettici, disturbi della personalità. Fatti gravi, specie se succedono in corsa.

Spiega Antonio Calignano, professore ordinario di farmacologia all’Università degli Studi di Napoli, al Fatto Quotidiano: “In una scala da uno a tre, abbiamo sul gradino più basso analgesici e antinfiammatori, su quello più alto gli oppiacei forti come la morfina. In mezzo ci sono gli oppiacei deboli: il tramadolo è molto più forte del sempliceparacetamolo e molto più debole (ma più facilmente reperibile) della morfina.

L’assunzione durante la pratica elimina gli effetti della fatica: meno dolori muscolari o cervicali, niente crampi. Non migliora la prestazione in potenza, ma permette sforzi che altrimenti non sarebbero possibili”. I ciclisti che lo prendono pedalano in uno stato confusionale molto pericoloso. Che potrebbe anche essere la causa di tante cadute in gruppo, apparentemente banali e inspiegabili.

A dispetto di questo, il tramadolo non è stato inserito dalla Wada nella lista dei prodotti dopanti e, quindi, non viene cercato nei controlli nonostante le ripetute richieste dell’Uci (Unione Ciclistica Internazionale) o della Cadf (Fondazione Anti-doping ciclismo).

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Il Real Madrid è la squadra di calcio più ricca del Mondo

Real Madrid
Il Real Madrid si conferma, per l’undicesimo anno consecutivo, il club con il fatturato più alto al mondo con 577 milioni di entrate nel 2014/15. Una manciata di milioni dietro il Real, secondo la classifica dei club calcistici con i maggiori ricavi a cura di Deloitte, ecco il Barcellona, forti del trionfo in Champions League, con ricavi oltre quota 560 milioni. A chiudere il podio troviamo il Manchester United con 519.5M. E’ la prima volta che i primi tre club in classifica hanno tutti superato i 500 milioni di fatturato.

Delle prime dieci società, la metà gioca nella Premier League. Secondo la ricerca di Deloitte, i 20 club più ricchi del mondo hanno generato introiti superiori ai 6,6 miliardi di euro con un aumento dell’8% rispetto alla stagione precedente. Continue Reading

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Qual è il club che ricava di più dalle sponsorizzazioni da maglia?

sponsorizzazioni da maglia

Quan­do Teo­fi­lo San­son nel 1978 si beffò del re­go­la­men­to ap­pic­ci­can­do il mar­chio dei suoi ge­la­ti sui pan­ta­lon­ci­ni dell’Udi­ne­se, non po­te­va im­ma­gi­na­re la fuga degli spon­sor dei no­stri tempi. In Serie A 6 so­cietà su 20 sono or­fa­ne del part­ner prin­ci­pa­le, quel­lo stam­pa­to in bella evi­den­za sulla ma­glia.

Il fe­no­me­no non è nuovo, da qual­che anno una man­cia­ta di club resta all’asciut­to, ad­di­rit­tu­ra 7 nella pas­sa­ta sta­gio­ne. Il guaio è che non si in­ver­te la ten­den­za, per una serie di ra­gio­ni: l’ap­peal del cam­pio­na­to è quel­lo che è; l’Ita­lia non è usci­ta dalla crisi; le di­na­mi­che pub­bli­ci­ta­rie sono av­ver­se.

Fio­ren­ti­na, Genoa, Lazio, Pa­ler­mo, Roma, Samp­do­ria: ecco le no logo. Per i viola (in 2-3 set­ti­ma­ne si po­treb­be con­cre­tiz­za­re una trat­ta­ti­va top-se­cret) e le ge­no­ve­si è il se­con­do anno di fila, per i ro­sa­ne­ro e i gial­lo­ros­si il terzo, per i bian­co­ce­le­sti ad­di­rit­tu­ra il nono. Il Bo­lo­gna ha riem­pi­to il vuoto pro­prio in extremis fir­man­do per un mi­lion­ci­no con Faac, mul­ti­na­zio­na­le dei can­cel­li au­to­ma­ti­ci fi­ni­ta in ere­dità alla curia bo­lo­gne­se.

Somman­do il va­lo­re dei con­trat­ti delle varie ti­po­lo­gie di spon­sor di ma­glia (prin­ci­pa­le, co-spon­sor e spon­sor sul retro, fa­coltà in­tro­dot­ta la scor­sa esta­te) il to­ta­le della Serie A 2015-16 fa circa 91 mi­lio­ni: nella banca dati del blog, sulla destra, potete consultare e scaricare il grafico con i dettagli squadra per squadra. L’anno scor­so erano 82 milioni ma la cre­sci­ta non in­gan­ni. Le uni­che ec­ce­zio­ni sono Ju­ven­tus e Milan, le realtà ita­lia­ne com­mer­cial­men­te più spen­di­bi­li fuori con­fi­ne. Per en­tram­be sono en­tra­ti in vi­go­re i rin­no­vi con­trat­tua­li con Fiat (mar­chio Jeep) e Emi­ra­tes. I bian­co­ne­ri sono pas­sa­ti da 13 a 17 mi­lio­ni, i rossone­ri da 12 a 17. Que­sti sono i com­pen­si base. Poi ci sono i bonus. Nel caso della Juve un mi­lio­ne è già scat­ta­to con la par­te­ci­pa­zio­ne alla Cham­pions, ne può ar­ri­va­re un altro con i quar­ti e un altro an­co­ra con lo scu­det­to; il Milan ha fir­ma­to un quin­quen­na­le da 85 mi­lio­ni che pos­so­no sa­li­re a 100 in base ai ri­sul­ta­ti. L’Inter, in­ve­ce, è a fine ciclo: la part­ner­ship con Pi­rel­li da 12 mi­lio­ni annui ter­mi­na a giu­gno e non si sa se verrà pro­lun­ga­ta. Il Na­po­li di­fen­de i suoi quasi 10 milio­ni dell’ab­bi­na­men­to con­fer­ma­to Acqua Le­te-Ga­ro­fa­lo. Dopo c’è il vuoto, anzi no…

Spul­cian­do i bi­lan­ci delle so­cietà sal­ta­no fuori i 22 mi­lio­ni che Mapei elar­gi­sce al Sas­suo­lo in qua­lità di spon­sor uf­fi­cia­le (i na­ming rights dello sta­dio sono ge­sti­ti da una con­trol­la­ta). Tec­ni­ca­men­te, quin­di, il club ne­ro­ver­de è al co­man­do della clas­si­fi­ca dei pro­ven­ti. Ma è una cifra fuori mer­ca­to. Il pa­tron Giorgio Squin­zi, che non bada a spese per la sua squa­dra, usa sud­di­vi­de­re le sue elar­gi­zio­ni tra ver­sa­men­ti in conto ca­pi­ta­le e, ap­pun­to, spon­so­riz­za­zio­ne. Contrat­to, que­sto, che nel corso degli anni è cre­sciu­to di pari passo con l’entità degli in­ve­sti­men­ti per po­ten­zia­re l’or­ga­ni­co: nell’eser­ci­zio 2013 am­mon­ta­va a 15 mi­lio­ni. Il Sas­suo­lo, quin­di, è un caso a parte.

Tolte le big, le con­di­zio­ni del mer­ca­to sono com­pli­ca­te. Spie­ga Marco Naz­za­ri, ma­na­ging di­rec­tor di Re­pu­com Ita­lia: «Que­sto è lo spec­chio delle difficoltà per­si­sten­ti del cal­cio ita­lia­no. Le sei squa­dre senza main spon­sor? In al­cu­ni casi non si vuole sven­de­re la ma­glia, però certe aspet­ta­ti­ve non sono più in linea con il mer­ca­to, spe­cie per le realtà che hanno una ri­so­nan­za do­me­sti­ca: le azien­de non ri­ten­go­no con­ve­nien­te in­ve­sti­re, visto il calo dei con­su­mi in Ita­lia». Tra l’altro è pro­prio mu­ta­to lo sce­na­rio. La pub­bli­cità ta­bel­la­re è crol­la­ta e quel­la sul di­gi­ta­le e sul web ha co­sti-con­tat­to enor­me­men­te più bassi, oltre a es­se­re per­ce­pi­ta più «cool» dai gio­va­ni. Molte azien­de pre­fe­ri­sco­no di­rot­ta­re gli in­ve­sti­men­ti su que­sto tipo di cam­pa­gne più in­te­rat­ti­ve, an­zi­ché ac­con­ten­tar­si del logo sta­ti­co sulla ma­glia.

Pa­ra­dos­sal­men­te, le squa­dre di pro­vin­cia sof­fro­no di meno perché pos­so­no es­se­re «com­pra­te» dagli spon­sor a prez­zi più ac­ces­si­bi­li, come ri­cor­da Gian­mar­co Lupi, re­spon­sa­bi­le mar­ke­ting dell’Em­po­li: «Le pic­co­le si ac­con­ten­ta­no di in­ve­sti­men­ti da serie B, se mi pas­sa­te il ter­mi­ne. Noi co­mun­que abbia­mo ap­pe­na si­gla­to con Gen­san il con­trat­to più im­por­tan­te della sto­ria dell’Em­po­li, gra­zie all’at­ten­zio­ne su­sci­ta­ta nello scor­so cam­pio­na­to». In que­sta fa­scia l’Ata­lan­ta è in pole con 2,5 mi­lio­ni da Suis­se­gas e il nuovo spon­sor sul retro EC Elet­tro­ca­na­li, men­tre il Chie­vo è in an­co­ra in trat­ta­ti­va e nell’at­te­sa schie­ra la Pa­lua­ni di Cam­pe­del­li. E le neo­pro­mos­se? A parte il Bo­lo­gna, il Fro­si­no­ne ha con­fer­ma­to i part­ner sto­ri­ci (Banca Po­po­la­re del Fru­si­na­te-Ga­la-Set­te) in­cas­san­do un mi­lio­ne, cioè 400­mi­la euro in più dell’anno scor­so. Anche il Carpi, che si è unito alla gran­de scu­de­ria In­front per lo sfrut­ta­men­to degli altri di­rit­ti pro­mo-pubbli­ci­ta­ri, ha av­ver­ti­to gli ef­fet­ti del pas­sag­gio di ca­te­go­ria: il nuovo main spon­sor Azi­mut ga­ran­ti­sce 700­mi­la euro, oltre il dop­pio della B. «Prima fa­ce­vo il porta a porta, oggi sono le azien­de a cer­car­mi», chio­sa il re­spon­sa­bi­le mar­ke­ting Si­mo­ne Pal­mie­ri.

(Fonte Gazzetta dello Sport del 20 agosto 2015)

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Doping da medaglia: “55 ori olimpici e mondiali da invalidare”

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La storia delle Olimpiadi e dei Mondiali di atletica non sarà mai riscritta ma l’inchiesta sul doping che hanno pubblicato e trasmesso il Sunday Times britannico e l’emittente tedesca Ard-tv tedesca è una documentata denuncia sullo sport disonesto e sulle gare di resistenza truccate, maratona, 5.000 e 10.000 metri, 3.000 siepi, 800 e 1.500 metri, la marcia di 20 e 50 chilometri, heptathlon e decathlon.

Centoquarantasei fra ori, argenti e bronzi vinti immeritatamente nelle due competizioni più prestigiose. La fotografia di un sistema che nonostante le belle parole sfugge alle regole del buonsenso, alle leggi, ai codici dello sport. E scoperchia gli scheletri che gli organismi internazionali, la Federazione di atletica (la Iaaf) nel caso specifico ma indirettamente anche il Comitato Olimpico (il Cio), conservano nei loro armadi, forse un po’ meno blindati.

Per fortuna esistono le gole profonde. Una o più di una. Come quelle che hanno consegnato ai reporter del Sunday Times e di Ard-tv 12.359 test del sangue effettuati su 5 mila atleti dal 2001 al 2012, con l’avvertenza che c’era qualcosa di strano nei dati custoditi dalla Iaaf. È stato giocoforza per le due testate mettere questo «tesoro» nelle mani di due medici e ricercatori, Robin Parisotto e Michael Ashenden: il primo è l’australiano che ha indagato sull’Epo e il secondo, sempre australiano, è stato fra i testimoni contro il ciclista Lance Armstrong. «Francamente non abbiamo mai visto una quantità del genere di esami del sangue così anormali, 21 degli sportivi testati rischiano l’attacco cardiaco». Roba da azzerare Olimpiadi e Campionati del mondo, per la precisione i sei Mondiali da Edmonton a Daegu e le tre Olimpiadi di Atene, Pechino, Londra. Un atleta su sette registra analisi che fanno prefigurare «un’altissima probabilità di assunzione di doping o di forte anomalie» (parole dei due medici), probabilmente dovute a trasfusioni e a Epo. Ottocento campioni di 94 Paesi nella rete della disonestà sportiva. L’atletica sulla graticola.

Settantasei medagliati o plurimedagliati grazie agli «aiuti» esterni: 55 ori, fra Giochi e Mondiali, 47 argenti, poi i bronzi. Il record di analisi olimpiche sospette a Pechino (19 ori), poi Atene (16 ori) e Londra (10). C’è pure una classifica speciale: quella delle nazioni più chiacchierate. In testa la Russia con il 30 per cento dei casi (l’80% delle sue medaglie), poi Ucraina, Turchia, Grecia, Marocco. Il Brasile è al 12%, la Giamaica al 9%. L’Italia è a metà, con il 6%, assieme a Germania e Belgio, prima di Usa, Cina, Francia, Giappone (5%), Gran Bretagna, Sudafrica e Svizzera si fermano al 4%, l’Australia è al 3%.

La graduatoria della vergogna che ha movimentato i lavori dei signori del Cio a Kuala Lumpur e ha suggerito a Craig Reedie, presidente della Wada (l’agenzia internazionale antidoping) una dichiarazione: «Queste sono accuse selvagge, dovremo indagare per fare luce sulla verità». Basta che si rivolga ai due medici, Parisotto e Ashenden, che già collaborano con la Wada. Niente nomi per non violare la privacy ma due esclusioni eccellenti dai file del doping: risultano puliti sia Usain Bolt sia il mezzofondista britannico Mo Farah. Le medaglie indiziate sono nei 1.500 metri (29 podi), la 20 chilometri di marcia (28), gli 800 metri (16), i 5 e 10 mila (15 e 15) come i 3.000 siepi, la marcia di 50 chilometri ne ha 13, chiudono heptathlon e decathlon (9) e maratona (6). Le «gare sporche», le ha definite il Sunday Times.

La Federazione internazionale di atletica ha provato a bloccare lo scoop. Fino a venerdì sera ha schierato avvocati e minacciato ricorsi in tribunale. Ma c’era poco da opporsi. E allora alla Iaaf non è rimasta che riservarsi «il diritto di intraprendere qualsiasi azione legale per proteggere la Federazione e i suoi atleti». Forse la cosa migliore sarebbe aumentare il budget per i controlli antidoping: oggi, 4 milioni di dollari all’anno, dato della stessa Iaaf. Che è la miseria del 5 per cento dei suoi ricavi.

Qui sotto il documentario completo in tedesco, dell’emittente Ard-tv, ma con la possibilità di attivare sottotitoli in italiano.


(Fonte: Corriere della Sera del 3 agosto 2015)

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