Il mercato del lavoro nel settore calcistico è estremamente segmentato: vi è un ‘mercato primario’ consistente di un numero ridotto di giocatori star e un mercato secondario costituito di calciatori professionisti e semi-professionisti che non guadagnano somme enormi e spesso incontrano difficoltà nello sviluppo professionale, soprattutto dopo aver terminato la carriera attiva.
Le società calcistiche spendono circa 3 miliardi di euro all’anno per i trasferimenti di calciatori, ma ben poco di questo denaro arriva fino alle piccole società o al settore del calcio dilettantistico, come risulta da uno studio della Commissione europea. Il numero di trasferimenti nell’ambito del calcio europeo è più che triplicato nel periodo 1995-2011, mentre gli importi spesi dalle società per i trasferimenti sono aumentati di sette volte.
Il grosso della spesa si concentra però su un numero ristretto di società calcistiche che hanno le maggiori entrate o sono patrocinate da investitori estremamente ricchi.

Da soli, questi 20 club sono responsabili del 33% delle spese di trasferimento da parte delle società UE
Questa situazione esaspera gli squilibri che sussistono tra le società ricche e quelle povere, visto che meno del 2% degli importi derivanti dai trasferimenti arriva fino alle società più piccole o alle associazioni dilettantistiche che sono essenziali per la crescita dei nuovi talenti. Il livello di ridistribuzione del denaro in questa disciplina sportiva, che dovrebbe compensare i costi della formazione e dell’educazione dei giovani giocatori, è insufficiente per consentire alle associazioni più piccole di svilupparsi e di sottrarsi al controllo esclusivo che le società più grandi continuano a esercitare sulle competizioni sportive.

Percentuali di titoli nazionali vinti dalle tre squadre di maggior successo
e da una solo squadra nazionale
Le regole in materia di trasferimenti sono definite dalle federazioni che disciplinano lo sport, ad esempio la FIFA per il calcio e la FIBA per il basket. Il sistema elettronico di regolamentazione dei trasferimenti (TMS) della FIFA, che è usato da 4.600 società in tutto il mondo, ha aumentato la trasparenza dei trasferimenti internazionali, ma si deve fare di più a livello nazionale. Dalla relazione emerge che l’attuale sistema continua ad andare per lo più a vantaggio delle società più ricche, delle star del calcio e dei loro agenti.
La relazione raccomanda che le regole della FIFA e delle federazioni nazionali dovrebbero assicurare controlli più rigorosi sulle transazioni finanziarie e prevedere l’introduzione di una ‘tassa di fair-play’ sui trasferimenti al di là di un importo da concordarsi tra le federazioni e le società, per incoraggiare una migliore ridistribuzione dei fondi dalle società ricche a quelle meno abbienti.
Lo studio suggerisce inoltre di porre un limite al numero di giocatori per società, di procedere al riesame della questione della ‘proprietà di terzi’, laddove un giocatore è in effetti concesso in prestito da un agente a una società, e di porre fine alle pratiche contrattuali che gonfiano gli importi dei trasferimenti, come quando ad esempio una società prolunga il periodo di protezione durante il quale i giocatori non possono essere trasferiti senza il consenso della società. La relazione sollecita inoltre la piena attuazione della regola dell’UEFA sul fair play finanziario e la messa in atto di ‘meccanismi di solidarietà’ più forti per incoraggiare lo sviluppo dei giovani e la protezione dei minori. Gli autori dello studio invitano gli enti sportivi a migliorare la loro cooperazione con le autorità di forza pubblica per combattere il riciclaggio di denaro e la corruzione.
“La Commissione europea riconosce appieno il diritto delle autorità sportive di definire le regole per i trasferimenti, ma dal nostro studio risulta che tali regole, nella loro forma attuale, non assicurano un giusto equilibrio nel settore del calcio né condizioni di equità nei campionati nelle coppe. Abbiamo bisogno di un sistema di trasferimenti che contribuisca allo sviluppo di tutte le società e dei giovani giocatori”, ha affermato Androulla Vassiliou, commissario europeo responsabile per lo sport.
Spread & pallone. Come la finanza ha ucciso il calcio. Calcio e mondo del business: un binomio che genera mostri e si lascia alle spalle morti e feriti. Ottantamila tifosi di Lazio e Juventus irretiti dalle quotazioni in borsa per far fronte alle magagne gestionali; titoli che hanno perso il 98% del loro valore; centinaia di miliardi spariti nel nulla… Voragini nei bilanci (un rosso record da 95,4 milioni di euro solo per la Vecchia Signora) e garanzie rilasciate dalle stesse società in deficit. Una finanza creativa applicata anche da Bankia, la cassaforte del Real Madrid: Ronaldo e Kakà finiranno a palleggiare nell’ufficio di Draghi alla BCE? Un impero calcistico, quello spagnolo, che deve 752 milioni di euro allo Stato, a sua volta indebitato per 1.090 miliardi… Non che le squadre di Sua Maestà Britannica godano di miglior salute. E ancora. Bookmakers che mutuano dalla finanza strategie di copertura del rischio, scommettendo presso altri operatori. Un giro d’affari – e di corruzione a tutti i livelli – di 200 miliardi annui, a cui si affacciano, con la loro geopolitica applicata al tifoso e combattuta a colpi di merchandising, i nuovi padroni venuti dal Golfo. La cessione di quote del Milan, a differenza del 2008, andrà a buon fine? Doping