Come largamente riconosciuto, gli attuali sistemi energetici comportano non solo pressioni sulle risorse ormai in via di esaurimento ma anche un incremento delle emissioni di gas climalteranti, in particolare CO2.
Si prevede che lo sviluppo di economie emergenti, come quella indiana e cinese, porterà ad una crescita del consumo mondiale di energia con il conseguente incremento degli impatti ambientali (aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, acidificazione delle acque, perdita della biodiversità ecc.).
È stato stimato che il superamento del limite di 450 ppm per quanto riguarda la concentrazione di CO2 nell’atmosfera significherebbe oltrepassare il punto di non ritorno dell’inquinamento globale e i cambiamenti ambientali sarebbero irreversibili. È crescente quindi la convinzione di dover ridurre l’impiego dei combustibili fossili prima ancora dell’esaurimento dei giacimenti. Se si considera che la combustione dei carburanti fossili comporta il rilascio in atmosfera di circa il 60%, pari a circa 18 miliardi di t nel 2009, delle emissioni totali di CO2 e che il loro contributo al soddisfacimento della domanda di energia è più dell’80% (circa 10 Gtep nel 2009), è evidente la necessità di adottare modelli energetici con un minor consumo di combustibili fossili o modelli economici a bassa emissione di carbonio. Gli strumenti per consentire il soddisfacimento della crescente domanda di energia e allo stesso tempo una mitigazione dei cambiamenti climatici sono: il risparmio energetico, il miglioramento dell’efficienza energetica, la cattura e l’immagazzinamento della CO2 e l’impiego di fonti energetiche rinnovabili.
In particolare la promozione e lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili consentono di migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti e la stabilità economica, riducendo le emissioni di gas climalteranti. Tra i diversi settori energetici, la produzione di carburanti presenta delle criticità a causa dell’elevata dipendenza dalle fonti fossili; sarebbe quindi opportuno realizzare almeno una parziale sostituzione dei combustibili fossili con i biocombustibili.
A tal proposito, in questi giorni, a Tortona (AL) è stato inaugurato il primo distributore di biobenzina in Italia, in grado di erogare miscele con bioetanolo di seconda generazione. Che cosa significa che il bioetanolo è di seconda generazione? Significa che è prodotto attraverso l’utilizzo di colture non alimentari, quindi pare senza impatto sulla catena agronomica “food”, che è uno degli aspetti maggiormente discussi nella filiera di produzione. Il carburante sarà a breve prodotto nell’impianto di Crescentino (VC) del Gruppo Mossi&Ghisolfi.
“La chimica sostenibile rappresenta il futuro per la nostra società e un’opportunità reale per il rilancio economico del paese – ha dichiarato Dario Giordano, direttore Ricerca & Sviluppo del Gruppo Mossi&Ghisolfi – Oggi, grazie alla ricerca disponiamo di un’alternativa al petrolio economicamente e socialmente sostenibile. Bisogna credere con fermezza e scommettere su una green economy italiana che punti sulla ricerca per produrre soluzioni sostenibili”.
La biobenzina è un carburante che si ottiene dalla miscela di benzina e bioetanolo di seconda generazione in diverse percentuali. Il nuovo distributore di biobenzina è in grado di erogare miscele E 10 ed E 85. E10 è una miscela a basso contenuto di etanolo (alcool etilico) composta dal 10% di alcool e 90% di benzina può genericamente essere utilizzata dalla maggior parte degli autoveicoli appartenenti alla fascia E4 e superiori. E85 è una miscela ad alto contenuto di etanolo (alcool etilico) composta dal 85% di alcool e 15% di benzina può essere utilizzata solo da autoveicoli specifici denominati Flexi-Fuel. La bio benzina rispetto ai carburanti di origine fossile è meno cara, mantiene prestazioni paragonabili, riduce i valori di inquinamento ma come si intuisce non gli annulla. Durante l’inaugurazione è stata donata dal Gruppo Mossi&Ghisolfi un’auto Flexy-Fuel (motore in grado di utilizzare indifferentemente benzina, bioetanolo o una qualsiasi miscela dei due) al Comune piemontese di Tortona.
“Ringrazio il Gruppo Mossi&Ghisolfi per averci donato un’auto Flexy-Fuel- ha dichiarato Massimo Berrutti, sindaco di Tortona – Questo è sicuramente un aspetto molto positivo che ci lusinga. Un plauso particolare al Gruppo Mossi&Ghisolfi che ha fortemente caldeggiato e sostenuto la produzione di bioetanolo con un impianto che prima si voleva fare a Tortona ma per le forti ottusità è poi stato realizzato a Crescentino. Penso che la nostra città non cogliendo l’occasione di collocare una realtà come quella proposta dal gruppo Mossi&Ghisolfi, abbia perso una grande opportunità”.
E intanto si sta già studiando i biocarburanti di terza generazione che utilizzano le microalghe come materie prime. Queste sono caratterizzate da un elevato contenuto in olio e da alti rendimenti in biodiesel e non entrano in competizione con la produzione alimentare, nè con i suoli agricoli e le fonti di acqua dolce; anzi, la coltivazione delle alghe nelle zone aride o desertiche potrebbe contribuire allo sviluppo socio-economico di queste aree. Inoltre le alghe possono essere impiegate come materie prime per la produzione di diverse merci (omega-3, carotenoidi e altri prodotti bio-chimici) ad elevato valore economico, il cui scarto (l’olio estratto) è materia prima per l’industria del biodiesel attualmente in crisi a causa della scarsa disponibilità di materie prime. Il costo ancora elevato del biodiesel da alghe potrebbe essere sostanzialmente ridotto se si organizzasse una produzione integrata di merci diverse da destinare sia al mercato dei biocombustibili che ad altri mercati emergenti. È necessario, comunque, migliorare i costi e l’efficienza dei biocarburanti per rendere la produzione di biodiesel sempre più conveniente per le aziende e quindi disponibile nei mercati dei carburanti.
(Fonte Enea)
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