Berlusconi si è trasformato nell’ultimo vero comunistacapitalista, alla maniera cinese: un uomo che persegue la conquista dello Stato, che è amico fraterno del capo del Kgb mondiale, che persegue un disegno totalizzante attraverso strumenti mediatici. Berlusconi non imita nessuno, tranne se stesso. Saranno d’ora in poi berlusconiani gli altri.
Il suo stile di vita, come chiama le feste nelle sue magioni in cui invita “pullmanate” di ragazze ad allietare le sue serate da scapolo, è e resterà stabile. Ci torna in mente quel che disse Gianni De Michelis, l’ex ministro degli Esteri dei governi Craxi il 18 gennaio 2008 a La Stampa, a proposito di Berlusconi e del suo stile di vita: “L’ho detto ieri a Confalonieri: digli di non pensare alla figa e di lanciare questa proposta”. Della proposta politica in questione si è persa la memoria, ma la raccomandazione affidata da De Michelis ad Augusto Minzolini è rimasta viva e attuale. Per dirla dunque con De Michelis, il Cavaliere è ossessionato dal sesso femminile, ciò che lo rende anche un po’ patetico. E naturalmente, quando De Michelis rilasciò quella dichiarazione, Berlusconi si imbufalì e non perdonò. Così almeno scrisse il beninformato sito Dagospia.
Il fatto è che quest’uomo, che spara barzellette come una mitragliatrice, non ha la più pallida idea – fra l’altro – di che cosa sia il senso dell’umorismo. Anche quando ride, o sorride, piega le labbra e le guance come per una posa fotografica. Sorridere pianamente, gioiosamente, allegramente, in modo spontaneo e persino imprevisto, seguendo i palpiti della logica e dei paradossi, non fa parte del suo carattere. Se dice che Obama è abbronzato, fa subito finta di ridere. Fa la faccia di legno con su scolpito un sorriso intagliato col punteruolo. Piega e contorce infatti i muscoli della risata, ma ciò che emerge dalla contorsione è il desiderio di provocare per fare arrabbiare e trarne soddisfazione, come fanno i bambini quando dicono Tiè tiè e tiè, per fare dispetto. E quando Berlusconi rivendica il suo “stile di vita”, che è quello di tuffarsi ovunque veda sesso femminile, lo fa con un tono di sfida tiè, tiè e tiè che implica un dolente senso di inferiorità, benché temperato da un narcisismo senza limiti.
Il narcisismo, in termini psicologici e patologici, non è il difetto di chi vede se stesso al centro del mondo – quello è l’egocentrismo, di cui il nostro è peraltro provvisto in maniera industriale – ma di chi non è in grado di percepire e rispettare i confini fra il sé e il resto del mondo. I neonati sono il trionfo del narcisismo perché per loro il mondo esterno e materno è indistinguibile dal mondo interno e intestinale. E così il Cavaliere non distingue, non sa distinguere fra dentro e fuori, si offende quando qualcuno lo invita a separare il sé dal resto del mondo e rispettare il resto del mondo, fra gli appetiti del basso ventre e il suo lavoro pubblico di capo del governo. Lui pensa, ed è purtroppo sincero, che quello della figa, per dirla con De Michelis, sia il suo dopolavoro proletario, il suo hobby che lo tiene collegato con l’umanità intera. E poiché è incapace di distinguere il sé dal resto del mondo, tratta il resto del mondo come se facesse parte della sua immensa voglia di rappresentare il mondo intero e non soltanto l’Italia e gli italiani. È convinto di essere una star internazionale. Così come chi nasce daltonico non distingue i colori, Silvio Berlusconi non è in grado di distinguere fra ciò che è lecito e ciò che non lo è, fra ciò che opportuno, accettabile dal mondo esterno, e ciò che non lo è. Questo limite è autentico e candido, perché il Cavalier Silvio Berlusconi non si rende conto della sua patologia e scambia chiunque pratichi una facile diagnosi sui suoi comportamenti per un nemico assoldato da altri nemici, complottatori comunisti, amici delle sinistre o dei giudici, tutti immancabilmente rossi. Probabilmente ha maturato questa sindrome del toro che vede rosso ovunque, ai tempi in cui, come costruttore di Milano 2, litigava con le amministrazioni comunali di sinistra della cintura milanese che gli negavano i permessi e gli facevano la guerra.
Ma la sua sindrome ossessiva per il sesso femminile, intesa non come attività amatoria, ma come attività puramente fisica, è molto più antica, come è antica la sua inclinazione a inghiottire o iniettare farmaci che aiutino le sue performance sessuali. La testimonianza dell’imprenditore ed editore della Repubblica Carlo De Benedetti (vedi il mio Guzzanti vs De Benedetti) è illuminante:
Berlusconi veniva talvolta a casa mia per propormi dei piani pubblicitari per le mie aziende. Lo ricevevo, si sedeva e mi chiedeva un bicchier d’acqua. Quando arrivava l’acqua tirava fuori dalla tasca una pillola, la metteva accanto al bicchiere e mi guardava come se si aspettasse che gli chiedessi di che si trattava. Poiché avevo capito che era questo che voleva, io non gli chiedevo nulla e lui friggeva. Finalmente, visto che non domandavo che cosa fosse quella pillola, lui sbottava e mi diceva: vedi questa pillola? Io con queste ne mando “storte” due al giorno.
Anche la scelta di questo aggettivo, storte, la dice lunga. Storte equivale a sciancate, scardinate nelle giunture a causa della sua potenza sessuale. Si vantava di massacrare due donne al giorno con una pillola che non era il Viagra perché l’episodio è di molti anni fa. Ciò dimostra che per lui è più importante far sapere agli altri che è uno scopatore irrefrenabile, più che un conquistatore di donne, un amante desiderabile e desiderato. Se Berlusconi facesse delle vere conquiste, avrebbe delle fidanzate, magari una ogni due mesi, ma si farebbe vedere in giro ogni tanto con una nuova compagna. Invece, niente: cerca disperatamente di dimostrare a se stesso di essere uno stallone e si fa portare a casa carichi di carne umana. E quella carne umana, per la legge della domanda e dell’offerta, preme alle sue porte e si moltiplica nel numero e nella forza, perché diventare una delle ragazze che vengono portate sul suo talamo è diventata una carriera, un obiettivo, un mestiere, un investimento. Che è parte integrante del fenomeno della mignottocrazia.
[…] Meglio comandare che fottere recita l’antico adagio napoletano. A lui (ed è questo che piace agli italiani che lo votano) piace sia fottere che comandare. E per fottere intende fottere, non amare, innamorarsi, perdere la testa, vivere una storia di passione. [..] La mignottocrazia è comunque un sistema per l’esercizio del potere, un sistema inventato da Berlusconi e penso che questo sistema si stia dispiegando in tutta la sua potenza, al punto di lasciar temere che perfino dopo Berlusconi e senza Berlusconi questo sistema possa continuare a vivere e a creare danni.
Il sistema mignottocratico consiste nel creare una classe dirigente di esseri umani clonati, robotici, composta prevalentemente da donne ma non soltanto, selezionati secondo criteri di sex appeal. Che poi ci siano o non ci siano incentivi sessuali alla carriera, questo è un optional. Secondo la bibbia del berlusconismo, una bella ragazza con la testa vuota è sempre meglio di una brutta ragazza con la testa piena di idee e di cultura. […] L’insieme inestricabile delle televisioni Rai/Mediaset, almeno per quanto riguarda gli spettacoli, i reality show, i varietà, funziona come ufficio di reclutamento della carne umana.
Vale come metafora la fiaba di Pinocchio, questo monumento incompreso all’italianità: il Paese dei Balocchi è sempre la terra promessa per chi ama le scorciatoie ed è pronto a trasformarsi in somaro, o mignotta, pur di raggiungere lo scopo. A mezzanotte l’Omino di Burro passerà con la sua diligenza e su quella salteranno generazioni di ragazze e ragazzine italiane. L’Omino di Burro frusterà i suoi somari e le porterà a Palazzo, dove si schiuderanno i grandi cancelli e dove la festa è già in corso. C’è chi mangia, chi beve, chi canta, chi si spoglia, chi si tuffa in piscina, chi amoreggia tra le fratte e chi sonnecchia su un’amaca, scoppiano i fuochi artificiali e un vulcano, anch’esso artificiale, erutta finta lava e piccoli gioielli. Farfalline, tartarughine e buste colme di denaro. Su un megaschermo scorrono immagini di finti trionfi. Le ragazze scendono e raggiungono il grande party. La loro metamorfosi è iniziata. In mezzo a un piazzale illuminato dalle fiaccole e attorniato da ragazze russe giunte con l’ultimo carico da Mosca, un uomo racconta storielle oscene e altre semplicemente stupide. Le nuove arrivate premono per entrare e raggiungere quest’uomo illuminato dalle fiaccole. La metamorfosi è in corso. Qui non si diventa asini, somari, ciuchini. Qui si diventa mignotte in modo opulento, vizioso, occasionale, persino innocente.
(Estratto dal libro di Guzzanti, Paolo – Mignottocrazia)