Armi “Made in Italy” uccidono in tutto il mondo

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Negli ultimi 25 anni, secondo i dati diffusi dalla Rete italiana per il disarmo, i sistemi militari italiani sono stati esportati a ben 123 nazioni, tra cui alle forze amate di regimi autoritari di diversi paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, la Libia, la Siria, Kazakistan e Turkmenistan, a paesi in conflitto come India, Pakistan, Israele ma anche la stessa Turchia, fino a paesi con un indice di sviluppo umano basso come il Ciad, l’Eritrea e la Nigeria. Che tipo di controlli siano stati messi in atto sull’utilizzo da parte dei destinatari finali non è però dato di sapere.

Nel corso di questi 25 anni sono state autorizzate esportazioni dall’Italia, in valori costanti, per oltre 54 miliardi di euro e consegnati armamenti per più di 36 miliardi con un trend decisamente crescente nell’ultimo decennio. In particolare, più della metà (il 50,3%) delle esportazioni ha riguardato paesi al di fuori delle principali alleanze politico-militari dell’Italia e cioè i paesi non appartenenti all’UE o alla Nato: un dato preoccupante se si considera che – secondo la legge 185/1990 – le esportazioni di armamenti “devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia”.

Ma ancora più preoccupanti sono le zone geopolitiche di destinazione: se primeggiano i paesi dell’UE (più di 19,4 miliardi di euro pari al 35,9%), sono però di assoluto rilievo anche le autorizzazioni per esportazioni di sistemi militari verso le aree di maggior conflittualità del mondo come i paesi del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) che nell’insieme superano i 12,5 miliardi di euro (23,2%) e dell’Asia (8,3 miliardi pari al 15,4%). Ai paesi del Nord America sono stati esportati armamenti per 5 miliardi (9,3%) mentre ai Paesi europei non-Ue (tra cui la Turchia) per oltre 3,8 miliardi (7,1%). Minori, ma non irrilevanti, anche le autorizzazioni che riguardano i paesi dell’America Latina (2,4 miliardi pari al 4,5%), dell’Africa subsahariana (oltre 1,3 miliardi pari al 2,4%), tra cui soprattutto Sudafrica e Nigeria, e dell’Oceania (1,1 miliardi pari al 2,1%).

E proprio verso le zone di maggior tensione del mondo, come i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, sono andate crescendo negli ultimi anni le esportazioni. Tra i singoli paesi destinatari di armamenti italiani, ai primi posti figurano due tra i principali alleati del nostro paese come gli Stati Uniti (4,5 miliardi di euro) e il Regno Unito (4 miliardi), ma non si dovrebbero sottovalutare le consistenti esportazioni a due tra i regimi più autoritari del pianeta, l’Arabia Saudita (3,9 miliardi) e gli Emirati Arabi Uniti (3,2 miliardi) verso i quali le esportazioni di sistemi militari sono andate crescendo soprattutto negli ultimi anni. E non andrebbero dimenticate le criticità interne e l’instabilità regionale anche di altri paesi destinatari come la Turchia (2,7 miliardi), l’India (1,6 miliardi) e il Pakistan (1,2 miliardi).

Avete il conto con Unicredit, Bnl o Banco di Brescia? Ecco dove vanno a finire in parte i vostri sudati soldini. Nel 2014, “sono state 44 le banche accreditate per la trasmissione delle segnalazioni attraverso l’utilizzo della procedura informatizzata. Il numero di segnalazioni è stato pari a 8.473 per un importo complessivo di 2.511.997.250 euro (nel 2013 l’importo ha superato i 2,8 miliardi)”.

La Relazione 2015 del governo Renzi sull’export di armamenti, denuncia la Campagna Banche Armate, ha ridotto gravemente la trasparenza sulle operazioni svolte dalle banche: non solo non ha ripristinato l’elenco di dettaglio delle operazioni bancarie (scomparso dal 2008 senza alcuna giustificazione al Parlamento), ma invece dell’elenco delle “Operazioni Autorizzate” riporta solo quello delle “Operazioni segnalate“, quelle cioè che ogni anno svolge ogni banca, ma che non permettono di risalire all’intera operazione autorizzata. Ecco le tabelle:

L’ultima tabella delle “banche armate”
Banche e programmi intergovernativi

Chi è il terrorista o il criminale di guerra? Chi vende armi ad ogni costo pur di intascare miliardi di euro o chi subisce tale mercato? I numeri non mentono: la benzina che alimenta il fuoco delle guerre la forniamo noi.

“Stiamo parlando di armi, non di noccioline! – afferma Francesco Vignarca coordinatore della Rete italiana per il Disarmo – siamo quindi in un terreno sul quale non possiamo certo agire con leggerezza. Secondo la Legge e secondo il buonsenso (indipendente da avere o meno posizioni disarmiste) l’export militare italiano dovrebbe essere in linea con la politica estera del nostro Paese; ma negli ultimi anni la direzione è invece stata principalmente quella degli affari”, conclude Vignarca.

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” [Art. 11 della Costituzione Italiana]

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”