La crisi economica sta scuotendo il Paese. Ogni giorno assume dei tratti particolarmente drammatici in termini di riverberi sociali della stessa tanto da legittimare gesti estremi da parte di lavoratori, rimasti senza lavoro e privi di riferimenti e risorse economiche, e di imprenditori incapaci di far fronte alla gestione della propria attività. Per tornare a crescere, è necessario attuare una serie di riforme tale da innalzare il potenziale di sviluppo dell’economia italiana, attraverso specifiche politiche rivolte alle micro, piccole e medie imprese, all’interno di una più generale strategia di sviluppo del Paese.
I dati diffusi da Unioncamere sulla base di Movimprese fotografano la situazione più difficile dal 2004: nei primi tre mesi del 2013 hanno chiuso l’attività 31 mila aziende. Questi numeri impongono all’attenzione di tutti l’urgenza di interventi concreti per la crescita e l’occupazione. È innegabile che la difficoltà di accesso al credito sia esponenzialmente cresciuta con la crisi economica e che la gravità della recessione è da attribuire in parte anche al razionamento del credito. Il credito alle imprese è un’emergenza europea che assume toni preoccupanti in Italia e Spagna e le molteplici iniziative discusse in sedi internazionali dimostrano che i problemi originati dalla crisi bancaria sono inderogabili. L’Unione europea ha lanciato, sul libro verde, una consultazione pubblica sul tema del finanziamento a lungo termine dell’economia comunitaria. Secondo l’Associazione bancaria italiana (ABI) i finanziamenti bancari a famiglie e imprese a marzo sono scesi del 2,3 per cento, in calo per l’undicesimo mese consecutivo. La rischiosità dei prestiti sempre secondo l’Abi, rimane elevata, con sofferenze nette salite, a febbraio, a 61,7 miliardi di euro, mentre quelle lorde sono 127,7 miliardi di euro. I tassi di interesse medi applicati ai prestiti sono stabili, al 3,74 per cento, mentre il tasso medio della raccolta bancaria è fermo al 2,03 per cento, con un margine quindi di 171 punti base. Il tasso medio a carico delle aziende è del 6,24 per cento circa, il 60 per cento in più rispetto a quanto pagano oggi le imprese tedesche che sono al 4,04 per cento, il livello più basso dal 2003.
Il sistema bancario è determinante per rendere la crisi meno profonda e duratura. I punti più critici sono innanzitutto il costo di tale credito e la quantità di credito che attualmente viene allocata sull’economia reale, soprattutto sulle medie e piccole imprese. Negli ultimi due anni la Banca centrale europea ha effettuato, ingenti prestiti alle banche dell’area euro, di durata triennale a tassi di interesse agevolati dell’1 per cento. L’obiettivo dell’operazione di prestito dichiarato dalla stessa Banca centrale europea era quello di limitare la restrizione del credito e attenuare l’impatto della crisi del debito sull’economia reale, facendo affluire i crediti alle famiglie e alle imprese, con particolare riguardo a quelle piccole e medie, tuttavia l’immissione di tale massa di liquidità nel sistema bancario italiano non sembra aver pienamente dispiegato i suoi effetti sul sistema produttivo. Lo stesso presidente della Banca centrale europea, in un intervento che ha anticipato il successivo taglio del tasso ufficiale, ha sottolineato la gravità delle conseguenze dei mancati prestiti a tassi ragionevoli da parte delle banche in alcuni paesi dell’Eurozona e ha definito sconcertante che le piccole e medie imprese debbano soffrire molto più delle grandi aziende, nonostante poi garantiscano i tre quarti dell’occupazione. L’ultimo aggiornamento sui mutui rivela un drammatico calo nei primi nove mesi del 2012 per le erogazioni di mutui, scesi del 40 per cento, al contrario, si è registrato un boom di acquisti all’ultima asta di buoni del tesoro poliennali rivolti alla clientela retail che hanno raccolto quasi 9 miliardi di euro con un rendimento annualizzato stimato nel 4,78 per cento. Questo effetto potrebbe essere determinato da un utilizzo improprio, anche da parte degli istituti di credito in Italia, della liquidità immessa dalla Banca centrale. Secondo il bollettino mensile della Banca centrale europea di maggio, che riporta i risultati dell’indagine sull’accesso al credito delle piccole e medie imprese nell’area dell’euro per il periodo da ottobre 2012 a marzo 2013, sussistono ostacoli significativi di finanziamento per le piccole e medie imprese, seppur inferiori rispetto alla precedente indagine.
Il Paese al monitoraggio effettuato dal Sole-24 Ore nel primo trimestre 2013, che riporta quotidianamente i dati rilevati da Cerverd Group, in Italia fallimenti delle imprese hanno toccato un nuovo record a 3.500 procedure avviate, più 126 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012. Complessivamente le chiusure aziendali hanno accelerato di molto la loro corsa: nei primi tre mesi si contano circa 23 mila imprese che hanno avviato una procedura di insolvenza o una liquidazione volontaria, in aumento del 7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012. È sicuramente indispensabile garantire dà subito una maggiore trasparenza nei rapporti fra gli istituti di credito e le micro, piccole e medie imprese, assicurando così condizioni di accesso al credito informato, corretto e non vessatorio al fine di rilanciare la competitività e la produttività delle micro, piccole e medie imprese e di favorirne l’innovazione, l’internazionalizzazione e la capitalizzazione.