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Agricoltura un anno di crisi. Regge l’export e il made in Italy

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Il 2012 per l’agricoltura italiana può essere considerata una delle annate più difficili degli ultimi 20 anni, brusco calo produttivo e crisi della domanda interna, complice la crisi del Paese. Ma l’export e il made in Italy continuano a crescere. Questa è la fotografia che emerge dall’Annuario dell’agricoltura italiana 2012, pubblicato dall’INEA.

All’interno del sistema economico nazionale l’agricoltura ha risentito più di altri settori del complessivo andamento recessivo che ha colpito il Paese nel corso del 2012. La variazione negativa del valore aggiunto è stata netta (-4,4%), segnando una caduta che segue due anni di già scarsa vivacità. Il cattivo risultato, peraltro, è stato attenuato dall’incremento dei prezzi dei beni prodotti dal settore primario (+5,2%), che è venuto meno al suo tradizionale ruolo di contenimento inflattivo, consentendo però il mantenimento del peso dell’intera branca agricoltura, silvicoltura e pesca (Asp) sul Pil nazionale stabile al 2%. 

Il valore della produzione dell’attività agricola in senso stretto si è collocato appena al di sotto dei 50,5 miliardi di euro correnti, ma in termini reali si è registrata una riduzione dei livelli produttivi (-3,2%) che, congiuntamente al contenimento dell’impiego di fattori intermedi (-1,9%), confermano la pesante battuta d’arresto del settore primario. Sul risultato finale hanno influito in misura drastica, da un lato, i ridotti investimenti settoriali, fortemente condizionati dalle sempre più critiche condizioni di accesso al credito, dall’altro, le difficili condizioni di contesto. Tra queste ultime, un ruolo particolare ha avuto l’andamento climatico, che in più fasi ha funestato l’attività produttiva, a cui si sono associati i danni derivanti dalla diffusione di alcune specifiche fitopatie (aflatossine, micotossine, cinipide) che hanno colpito molte produzioni e penalizzato il livello qualitativo di importanti comparti, oltre agli effetti catastrofici connessi al sisma che ha colpito l’area padana nella primavera del 2012.

A farne le spese sono state in prevalenza le coltivazioni agricole, a vantaggio del comparto zootecnico e delle attività di supporto all’agricoltura; queste ultime, in particolare, vantano la migliore dinamica settoriale del 2012, poiché registrano l’unica significativa variazione positiva, sia in termini correnti (+5,6%), che in termini reali (+1,3%), che trova conferma in tutti i singoli contesti regionali, inserendosi in un consolidato processo di rafforzamento ben evidenziato dai dati di medio periodo. Di segno opposto, invece, è risultato l’andamento delle attività secondarie, che mostrano un calo significativo soprattutto in termini reali (-2,6%).

Le negative dinamiche settoriali, a prima vista, sembrerebbero non aver inciso sul lavoro, poiché il numero degli occupati è rimasto nel complesso pressoché immutato e di poco inferiore a 850.000 persone, di cui il 29% rappresentato da donne.

L’Italia continua a mantenere la fetta più consistente del registro dei prodotti Dop e Igp dell’ue (pari a 1.167, comprese anche le Stg), segnando un ulteriore incremento delle registrazioni, giunte a quota 252. La maggior parte delle nostre specialità si concentra nei prodotti dell’ortofrutta e dei cereali, nei formaggi, negli oli extravergine d’oliva e nei salumi. Nel periodo 2004-2012 si è registrato un consistente aumento delle aziende agricole (+38,7%), degli allevamenti (+50%), della superficie impiegata (+40,7%) e dei trasformatori (+22%).

L’Italia si colloca al primo posto anche per quanto riguarda i vini a indicazione geografica, con 521 registrazioni tra Docg, Doc e Igt. Le superfici investite a tali vini sono stimate in circa 355.000 ettari, ovvero oltre la metà del totale delle superfici vitate. La loro produzione, attestatasi nella vendemmia 2012 a circa 29 milioni di ettolitri, rappresenta una quota sempre più rilevante del vino complessivamente prodotto in Italia (70%).

Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, nel 2012, sono pervenute al sistema europeo per i controlli alimentari 3.516 notifiche, circa l’8% in meno rispetto al 2011, relative a prodotti alimentari (82,1% del totale), mangimi (9,4%) e materiali a contatto con gli alimenti (8,5%). L’Italia, con 517 notifiche (15% del totale), è al primo posto per numero di segnalazioni, distinguendosi per l’efficacia dei propri sistemi di controllo.

Nel 2012 l’industria alimentare italiana ha rafforzato la sua posizione segnando una delle poche variazioni positive del valore aggiunto (+3,4% a prezzi correnti; +0,5% a valori concatenati) all’interno del manifatturiero, sostenuta da una crescita del fatturato (+2,3%) in linea con quanto registrato negli ultimi anni. Tale crescita è attribuibile prevalentemente alla componente del mercato estero (+5,6% dell’indice di fatturato di riferimento), che ha rappresentato la principale opportunità per l’espansione del settore agro-alimentare nazionale. I risultati sono stati positivi anche grazie ai buoni risultati conseguiti dalle esportazioni di gran parte dei prodotti associati alla reputazione del nostro Paese: il cosiddetto made in Italy. Tra questi, spiccano in particolare gli ottimi risultati conseguiti dai vini – soprattutto gli spumanti (+15,8%) –, dai prodotti dolciari (+15,2%), dai salumi e dai formaggi. Oltretutto, sembrano presenti ancora importanti margini di crescita per le esportazioni del settore, basti pensare alle opportunità connesse alla riappropriazione di quote di mercato oggi occupate dal cosiddetto Italian sounding.

Sul fronte strutturale, i primi dati del censimento dell’industria e dei servizi (2011) dell’Istat mostrano una contrazione del numero delle imprese operanti nell’industria alimentare (-14% nel decennio), che ammontano così a 54.931, cui si sommano 2.874 imprese operanti nel comparto delle bevande (-4,3%), per un totale di 57.805 imprese nell’intero aggregato. Il numero complessivo di addetti è di 420.312, pari a poco meno dell’11% del totale manifatturiero. Nonostante le dinamiche osservate, permane la forte incidenza di micro imprese di carattere artigianale, soprattutto per la presenza di quelle specializzate nella produzione di prodotti da forno e farinacei (64,5% dell’intero settore), cui si associa spesso la forma di conduzione come impresa individuale, che rappresenta quasi la metà del totale.

Segnali incoraggianti derivano anche dagli ultimi dati disponibili sul mondo della cooperazione agro-alimentare, che confermano il ruolo di assoluto rilievo delle forme organizzate in Italia. Infatti, anche nel 2012 le quattro centrali di rappresentanza (Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare, Agci- Agrital e Ascat-Unci) evidenziano, pur nella differenza di risultati, andamenti in prevalenza positivi, soprattutto in relazione al fatturato. A livello internazionale, un riconoscimento dell’importante ruolo svolto dal sistema cooperativo è giunto dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha proclamato il 2012 come “Anno internazionale delle cooperative”, al fine di mettere in risalto il contributo che queste danno allo sviluppo socio-economico, riconoscendo il loro impatto sulla riduzione della povertà, sull’occupazione e sull’integrazione sociale. Gli obiettivi principali alla base di questa iniziativa sono quelli di promuovere la formazione e l’espansione delle cooperative e incoraggiare i governi ad adottare politiche che ne favoriscano la formazione, la crescita e la stabilità. Una delle componenti che ha inciso in misura più negativa sulle dinamiche del settore agro-alimentare nel 2012 è rappresentata dalla ridotta capacità di spesa dei consumatori, connessa alla caduta della disponibilità di reddito e alla conseguente perdita di potere d’acquisto delle famiglie (-4,8%). Le difficoltà si sono tradotte principalmente nella riduzione generale dei consumi, sia sul fronte della qualità, che della quantità, coinvolgendo spese impensabili fino a solo qualche anno fa, tra le quali proprio quelle per generi alimentari. Nel complesso, i consumi per alimenti e bevande non alcoliche, in termini correnti, hanno fatto registrare una contrazione della spesa (-0,4%), attestatasi a 138,8 miliardi di euro, mentre la contrazione a valori concatenati è risultata molto maggiore (-2,9%), per effetto della crescita dei prezzi dei generi alimentari (+2,5%).

La dimensione della crisi ha impresso un rapido mutamento nelle dinamiche di acquisto, già profondamente rimodulate da cambiamenti a carattere strutturale (composizione delle famiglie), teso a evitare gli sprechi, ridurre il budget di spesa media, contenere i pasti extra-domestici. All’interno di questi processi, tuttavia, i consumatori hanno mostrato propensione all’acquisto di prodotti molto diversi – low cost e promozioni, accanto a prodotti di qualità, passando per il biologico, il salutista e i prodotti pronti per l’uso – selezionando canali di vendita molto differenziati. In questo quadro emergono anche fenomeni di grande preoccupazione; infatti risultano in aumento le condizioni di grave disagio nutrizionale, con il 15,8% della popolazione totale che vive in una situazione di povertà relativa, non riuscendo ad assicurarsi un apporto calorico adeguato (Istat). Al contempo, cresce anche il numero di italiani in sovrappeso o obesi, proprio all’interno delle fasce più deboli della popolazione, dove è più frequente il consumo di alimenti ricchi di zuccheri e addizionati con grassi di scadente qualità.

Gli effetti sui consumi alimentari si sono riverberati su un ripensamento strategico del settore della distribuzione di generi alimentari in Italia, che ha mostrato un incremento del valore delle vendite presso la grande distribuzione (+1,4%), a fronte di una diminuzione significativa nelle piccole superfici del dettaglio tradizionale (-2,7%). Le maggiori insegne della distribuzione hanno mostrato un forte orientamento al prezzo, rafforzando le linee di prodotto di primo prezzo, le vendite promozionali e la pressione pubblicitaria. Accanto a questa strategia è proseguita anche la tendenza alla caratterizzazione dei prodotti: l’italianità, la tipicità, la sostenibilità ambientale e sociale.

Prosegue, infine, la propensione ad acquistare direttamente dal produttore agricolo, sia direttamente in campagna che dai mercati contadini o tramite i gruppi di acquisto solidale (Gas). Un altro fenomeno che si sta sviluppando sempre di più è quello degli degli hobby farmer, ovvero le persone che coltivano e curano un fondo agricolo per il consumo domestico. Cresce infine anche il numero di attività commerciali definite no store, cioè realizzate al di fuori della rete di vendita in sede fissa, tra le quali in particolare i distributori automatici di latte crudo e di acqua.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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