Sono 106 gli amministratori calabresi che hanno subito almeno un’intimidazione nel corso del 2012. Un dato drammatico, che si conferma per il terzo anno consecutivo, e che riguarda tutte le province della regione, considerato che la ripartizione ha un segno più marcato in quella di Reggio Calabria (31 episodi), ma si conferma anche a Cosenza (28), Catanzaro (18), Vibo Valentia (17) e Crotone (12). A darne conto e’ il report di Legautonomie Calabria presentato ieri a Catanzaro da cui emerge che i sindaci sono stati i soggetti politici più esposti alla violenza intimidatrice, interessati al 38% del totale degli episodi. Inoltre quasi meta’ del totale (47%) degli episodi censiti dal 2000 in poi, e che sono oltre mille, è stata compiuta in un piccolo comune. Il 2012 e’ stato anche anno record per il numero di scioglimenti di consigli comunali per infiltrazioni mafiose, con 11 consigli sciolti in Calabria, il dato piu’ elevato di sempre. San Procopio (Rc), con i suoi 573 abitanti, è il più piccolo comune italiano disciolto per infiltrazioni mentre Reggio Calabria è il più grande. Per Briatico e Platì si è trattato del secondo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Tra i motivi generali dello scioglimento anticipato, le dimissioni dei consiglieri incidono per il 56% dei casi, mentre al secondo posto ci sono le dimissioni del sindaco (17%) e al terzo le infiltrazioni mafiose (13%).
Anche per l’anno appena trascorso i numeri parlano chiaro. Per la terza volta consecutiva il 2012 ci consegna un numero di atti intimidatori nei confronti di amministratori locali calabresi superiore ai cento episodi, una media di due a settimana. Gli episodi contro gli amministratori di Monasterace hanno conquistato le cronache nazionali ma non si possono sottacere i reiterati casi nei Comuni di Isola di Capo Rizzuto, San Giovanni in Fiore, Taurianova, San Pietro a Maida e altri. Anche nel corso del 2012 i Sindaci sono stati i soggetti politici più esposti alla violenza intimidatrice, interessati a circa il 40% degli totale degli episodi.
Il rapporto tra intimidazioni e classe demografica dei comuni offre una duplice chiave di lettura. Il fenomeno si manifesta in rapporto diretto alla demografia considerato che in tutti i comuni calabresi con popolazione superiore a 10 mila abitanti è stato rilevato almeno un episodio a partire dal 2000. La percentuale di comuni interessati al fenomeno decresce col decrescere della popolazione. Se il dato viene rapportato alla popolazione residente il numero delle intimidazioni per mille abitanti cresce con la diminuzione della demografia comunale. In ogni caso quasi metà del totale (47%) degli episodi censiti dal 2000 in poi -e che sono oltre mille – è stata compiuta in un piccolo comune. Il dato di un numero sempre crescente di Comuni calabresi interessati dal fenomeno, con un andamento di crescita costante, merita qualche riflessione.
E’ un indicatore, questo, di una pressione sempre maggiore sulle autonomie locali calabresi da parte di una criminalità intenzionata ad imporre le proprie regole di produzione della politica.
Per questo la domanda apparentemente semplice di cosa spinge la ‘ndrangheta ad occupare Comuni abitati da poche centinaia di persone, di quali i possibili guadagni, occasioni di arricchimento, di appalti, in municipi con bilanci di poche centinaia di migliaia di euro se non già dissestati è mal posta.
Non bisogna cadere nell’errore di pensare che solo le grandi opere pubbliche, i grandi appalti, possano essere oggetto di interesse criminale. Anche le piccole opere di manutenzione, gli appalti di modesta entità economica sono funzionali non tanto e non solo al lucro, bensì alla necessità di marcare sempre più strettamente una presenza.
Piccole e grandi occupazioni, dalle grandi opere pubbliche all’appalto della strada vicinale abbisognano di un controllo ferreo di tutti i centri decisionali politico-amministrativi. Pensiamo, inoltre all’infiltrazione anche nella gestione dei servizi – mense scolastiche trasporti, raccolta rifiuti, ecc. proprio e soprattutto questi ultimi rivestono particolare importanza in quanto, trattandosi di servizi rivolti ai cittadini, hanno una evidenza “sociale” che offre consenso alle ditte che gestiscono il relativo servizio. Solo così si può spiegare la circostanza che “sotto tiro” ci sono anche gli amministratori dei Comuni di piccolissime dimensioni, in alcuni dei quali gli episodi intimidatori si ripetono con cadenza impressionante.
Nel 2013 cadrà il ventennale di una delle prime e più importanti riforme istituzionali del Paese, l’elezione diretta dei Sindaci che, per un decennio, ha spostato il baricentro politico dal centro ai territori. C’è da chiedersi cosa è rimasto oggi di quella importante innovazione, considerata la sempre maggiore marginalizzazione degli enti locali, costretti a fare i conti con risorse sempre più ridotte e ad abbandonare il ruolo di soggetti di cambiamento. E’ indubbio che nell’attuale declino dei territori, che erode l’autorità dei primi cittadini e rende sempre più problematico il governo virtuoso delle comunità, il ripetersi degli atti di violenza contro gli amministratori locali può indurre esiti ancora più dissolventi ed imprevedibili in carenza di reti solide di relazioni istituzionali. Ripartire dagli enti locali significa, dunque, dare certezze alle prospettive delle istituzioni più radicate sul territorio che sono state, nella storia del paese, portatori di uno sviluppo che è stato sempre di quantitativa ricchezza di soggetti e di qualitativa ricchezza di vitalità soggettiva.