Nel 2012, sono 3 milioni 232 mila le famiglie in condizione di povertà relativa per un totale di 9 milioni 563 mila individui (il 15,8% dell’intera popolazione), 1 milione e 725 mila famiglie (il 6,8% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 814 mila individui (l’8% dell’intera popolazione).
La stima dell’incidenza della povertà relativa (la percentuale di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona nel Paese, che nel 2012 è risultata di 990,88 euro (-2% rispetto al valore della soglia nel 2011 che era di 1.011,03 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere. Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti. L’intensità della povertà, che indica, in termini percentuali, quanto la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere si colloca al di sotto della linea di povertà, nel 2012 è risultata pari al 19,9% e corrisponde a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 793,32 euro mensili; nel 2011 era di 797,50 euro mensili. Nel Mezzogiorno, la più ampia diffusione della povertà si associa alla maggiore gravità del fenomeno: la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è risultata pari a 778,98 (l’intensità è del 21,4%), rispetto a 825,49 e 809,69 euro (16,7% e al 18,3%) nel Nord e nel Centro rispettivamente.
Tra il 2011 e il 2012, evidenti segnali di peggioramento si rilevano in tutte le ripartizioni geografiche: l’incidenza di povertà è passata dal 4,9% al 6,2% nel Nord, dal 6,4% al 7,1% nel Centro e dal 23,3% al 26,2% nel Mezzogiorno. La difficoltà a trovare un’occupazione si associa a livelli di povertà marcatamente elevati, ben il 35,6% delle famiglie con a capo una persona in cerca di lavoro è relativamente povero, valore che sale al 49,7% nel Mezzogiorno.
Se oltre al territorio si analizzano le caratteristiche familiari, appare evidente come la povertà sia aumentata per molti sottogruppi di popolazione, anche per quelli che, tradizionalmente, presentano una diffusione del fenomeno molto contenuta. Trend negativi si osservano, infatti, per le coppie con uno o due figli (l’incidenza di povertà è passata dal 10,4% al 15,4% e dal 14,8% al 17,4% rispettivamente); in particolare, il peggioramento ha riguardato le famiglie con figli minori, tra le quali l’incidenza di povertà dal 15,6% è salita al 18,3% (dal 13,5% al 15,7% se con un figlio minore, dal 16,2% al 20,1% se con due). La povertà aumenta tra le coppie con persona di riferimento con meno di 65 anni (dal 4,6% al 7%) e tra i single under 65 (dal 3,6% al 4,9%).
Nel Nord peggiorano le condizioni economiche delle famiglie con tre o quattro componenti (dal 5,9% al 7,9% e dal 6,2% all’8,9% rispettivamente); si tratta in particolare di coppie con figli, soprattutto se minori (dal 7,3% al 10,9% se i minori sono due). La povertà relativa aumenta tra le persone con meno di 65 anni, sia sole che in coppia, e trend negativi emergono per le famiglie con membri aggregati: l’incidenza dall’11,9% sale al 16,3%. Così come osservato a livello nazionale, la povertà aumenta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (dal 3,9% al 5,5%), interessando sia gli operai (dal 7,3% al 9,6%), sia i lavoratori in proprio (dal 3,8% al 6,6%), posizioni professionali spesso associate a bassi livelli di istruzione (la povertà relativa aumenta anche tra le famiglie con a capo una persona con la licenza media inferiore, dal 6% all’8,3%). Le condizioni di vita delle famiglie settentrionali si sono tuttavia aggravate soprattutto se a capo della famiglia vi è una persona in cerca di lavoro: l’incidenza di povertà dell’11,7% nel 2011 è raddoppiata, raggiungendo il 22,3% nel 2012.
La povertà è tradizionalmente più diffusa nel Mezzogiorno, tra le famiglie più ampie, in particolare con tre o più figli, soprattutto se minorenni; si conferma la forte associazione tra povertà, bassi livelli d’istruzione, bassi profili professionali (working poor) ed esclusione dal mercato del lavoro: se la persona di riferimento ha al massimo la licenza elementare l’incidenza di povertà è pari al 19% (contro il 6,4% osservato tra i diplomati e oltre) e sale al 35,6% se è alla ricerca di lavoro. Livelli d’incidenza prossimi al 50% si osservano tra le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro.
Segnali di peggioramento si rilevano anche tra le famiglie con persona di riferimento dirigente o impiegato (dal 4,4% al 6,5%, particolarmente marcata per gli impiegati), tra quelle con tutti i componenti occupati (dal 4,1% al 5,1%) e con componenti occupati e ritirati dal lavoro (dal 9,3% all’11,5%). La povertà aumenta tra le famiglie con almeno un componente in altra condizione non professionale, sia che vi siano occupati (dal 14,1% al 16,2%) sia che vi siano ritirati dal lavoro (dal 13,5% al 16,4%).
*Dati Istat